180 miliardi di euro! E questa, secondo Unicredito (Il Sole 24 Ore del 12/3/03), la previsione del rientro dei capitali italiani all’estero che dovrebbe assicurare la proroga del c.d. “scudo fiscale”.Già la prima edizione del 2002 dello scudo fiscale aveva prodotto il rientro di 60 miliardi di Euro; ma, assicurano fonti bancarie, ben poca cosa rispetto agli oltre 500 miliardi di euro che si dice giaccia nei forzieri oltralpe. Per l’ambizioso obiettivo si coinvolgono in questa versione anche le società di capitali le quali potranno, beneficiando del condono (in particolare presentando apposita dichiarazione integrativa analitica, anche in forma riservata e pagando un’imposta sostitutiva del 6%), far rientrare nei propri bilanci i cespiti di provenienze estera non dichiarati.Così potendo ripartire da zero con l’Amministrazione Finanziaria Italiana, che nel frattempo ha impostato con la legge delega Tremonti una riforma radicale del sistema fiscale. In sostanza dunque un buon provvedimento per far rientrare nel Sistema produttivo italiano i capitali italiani all’estero che l’introduzione dell’Euro poteva portare verso altri lidi(la Germania ha appena copiato il provvedimento, stabilendo tuttavia un’oblazione del 25%)In questo primo articolo tratteremo delle norme riguardanti le persone fisiche.
LA LEGGE 23/2003 – I CAPITALI DETENUTI ALL’ESTERO ALLA DATA DEL 31 DICEMBRE 2001 – Il decreto legge 24 dicembre 2002 n. 282 convertito dalla legge 27/2003 ha disposto la riapertura dei termini del D.L. 350/2001, consentendo alle persone fisiche (e vedremo altri soggetti, quali imprenditori individuali, enti non commerciali, società semplici e società equiparate ex art. 5 Tuir), di effettuare il rimpatrio o la regolarizzazione delle attività detenute all’estero alla data del 31 dicembre 2001.
INVESTIMENTI REGOLARIZZABILI O RIMPATRIABILI – Il rimpatrio riguarda prevalentemente le attività finanziarie, e quindi oltre alla liquidità all’estero, anche azioni, quote di società, titoli obbligazionari, quote di partecipazione a Organismi di Investimento Collettivo.La regolarizzazione invece potrà riguardare, oltre le categorie già viste per il rimpatrio, anche immobili e fabbricati, oggetti preziosi, opere d’arte. Con la regolarizzazione ovviamente gli assets permangono, ma in regime di legalità, all’estero.
ADEMPIMENTI E COSTI – 2,5 % oppure 4% – Per le operazioni di emersione perfezionate entro il 16 Aprile 2003 sarà dovuta una somma pari al 2,5% della somma dichiarata; per quelle effettuate successivamente e fino al 30 giugno 2003, la somma sarà aumentata al 4%.Per effettuare le operazioni di emersione, il contribuente sarà tenuto a redigere una dichiarazione riservata e a consegnarla all’intermediario che riceverà in deposito le somme e le altre attività finanziarie, o che sarà incaricato della regolarizzazione.Nella predetta dichiarazione gli interessati dovranno attestare che le attività oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione erano da essi detenute fuori dal territorio dello Stato alla data del 31 dicembre 2001.
EFFETTI DELL’EMERSIONE – NON PUNIBILITÀ FISCALE E PENALE – La non punibilità, in relazioni agli investimenti “emersi”, riguarda anzitutto le violazioni delle norme sul c.d. monitoraggio fiscale disposto dalla legge 167/90, anche nella nuova versione proposta dal D.L. 350/2001 (dal 5 al 25% dell’importo non dichiarato nonché confisca di beni di equivalente valore).Relativamente agli imponibili emersi, è altresì preclusa ogni possibilità di accertamento tributario – anche sintetico – e contributivo per gli anni aperti, non rilevando al riguardo alcuna sanzione tributaria e previdenziale, oltre a prevedersi la non punibilità ai fini dei reati di cui agli artt. 4 e 5 del D.lgs 74/2000 (dichiarazione infedele e omessa dichiarazione).La sanatoria invece non opera con riferimento alle sanzioni connesse ai casi di dichiarazioni fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti o altri artifici, emissione di fatture per operazioni inesistenti, distruzione dei documenti contabili etc.
RISERVATEZZA DEI DATI EMERSI – In caso di opzione per la regolarizzazione delle attività all’estero, gli intermediari effettuano le rilevazioni e le comunicazioni previste dal DL 167/90 sul monitoraggio fiscale, e cioè le comunicazioni nominative di tutti i trasferimenti avvenuti nel corso dell’anno.Ciò significa che nel caso della regolarizzazione viene a cadere il regime di anonimato che contraddistingue la diversa ipotesi del rimpatrio, anonimato che secondo la nuova formulazione dello scudo assiste le somme oggetto di rimpatrio anche nei successivi passaggi tra intermediari.E’ questa probabilmente la motivazione che – secondo le statistiche bancarie – ha indotto i fruitori dello scudo a regolarizzare immobili e a rimpatriare attività finanziarie all’estero attraverso società fiduciarie di emanazione bancaria e Trusts.
LE ATTIVITÀ REGOLARIZZATE CON IL PRIMO SCUDO E NON RIMPATRIATE – Analoghe esigenze di assicurare l’anonimato sono probabilmente la motivazione della normativa introdotta dall’art. 6 bis della Legge 27/2003. I soggetti che hanno già regolarizzato le attività estere infatti potranno mantenere l’anonimato rimpatriando le stesse prima che avvengano le comunicazioni degli intermediari delle movimentazioni – comprese dunque le regolarizzazioni – avvenute nel corso del 2002. Normalmente in base al D.M. 598/1993 tali comunicazioni avvengono entro il 31 marzo di ogni anno, e per il 2002 quindi entro il 31/03/03.
GLI IMMOBILI ALL’ESTERO – Vale la pena infine fare qualche riflessione sulla circostanza che il D.L 350/2001 ha inasprito le sanzioni per la mancata dichiarazione degli investimenti esteri – fruttiferi – nel quadro RW del modello Unico, sanzioni prima pari a un milione di lire e ora – dalla dichiarazione 2000 – commisurate al 25% dell’importo non dichiarato.Spesso la casa all’estero è stata gestita in modo “leggero” dai contribuenti, ma per il futuro si impongono notevoli cautele (ed in particolare per i nuovi acquisti la compilazione delle sezioni III e talvolta II del quadro RW) .Per gli immobili già acquistati all’estero e mai dichiarati nel predetto quadro, potrebbe essere opportuno usufruire dello scudo fiscale se l’immobile produce reddito (perché affittato o perché lo Stato estero ne tassa in ogni caso la rendita catastale).