Nel nostro ordinamento tributario non esisteva – fino all'entrata in vigore del D.Lgs. 344/2003 – una definizione di stabile organizzazione, nonostante essa fosse più volte citata nel Testo unico, nel D.P.R. 600 del 1973 sull'accertamento e nelle leggi speciali (ad esempio, nel D.Lgs. 446/1997 sull'Irap; nel D.Lgs. 544/ 1992 sulle operazioni straordinarie internazionali, nel D.P.R. 633 del 1972 sull'Iva). Ciò ha indotto la prassi amministrativa e la giurisprudenza a fare riferimento alla definizione contenuta nell'articolo 5 del modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni. L'articolo 162 del nuovo Testo unico, come modificato dal D.Lgs. 344/2003, introduce, ora, una definizione della nozione di stabile organizzazione, ai fini delle imposte sui redditi e dell'Irap (anche se sulla legittimità della istituzione di quest’ultima imposta si attende la sentenza della Corte di Giustizia, dopo che lo scorso 14 marzo l’Avvocato Generale ne ha dichiarato l’incompatibilità con l’IVA e quindi con la VI direttiva comunitaria). La definizione di stabile organizzazione utilizzata da nostro legislatore diverge sensibilmente sia dal modello OCSE del 1977 sia dalle convenzioni fino ad ora stipulate dall'Italia. Inoltre è da segnalare sin d’ora che l’applicazione della norma contenuta nell’art. 162 del novellato TUIR è limitata: essa infatti trova applicazione nei confronti dei soggetti residenti in Paesi con i quali l’Italia non abbia concluso accordi contro le doppie imposizioni nonché in quei casi in cui, pur in presenza di una convenzione contro le doppie imposizioni, le disposizioni del nuovo TUIR risultino più favorevoli al contribuente.
STABILE ORGANIZZAZIONE PERSONALE E MATERIALE – L’art. 162 del nuovo testo unico accorpa sotto un'unica definizione due diverse ipotesi di stabile organizzazione, come del resto avviene con l’art. 5 del modello OCSE: si avrà la stabile organizzazione c.d. materiale allorquando vi è l’esercizio di un’attività all’estero mediante una serie di mezzi organizzati direttamente dall’operatore economico, si avrà invece una stabile organizzazione c.d. personale quando un’impresa opera all’estero attraverso un rappresentante. La definizione generale di stabile organizzazione materiale la rinveniamo nel primo comma dell’art. 162 del TUIR ove si dice che con l’espressione di “stabile organizzazione” si designa una sede fissa d’affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività nel territorio dello Stato. Il secondo comma dell’articolo in questione, analogamente al Modello OCSE, elenca una serie di ipotesi concrete (non esaustive) che fanno configurare la presenza di una stabile organizzazione solo però al sussistere delle condizioni fissate nella citata definizione generale. In altri termini tale sistema, come del resto accade per il Modello OCSE, introdurrebbe un’inversione dell’onere della prova (che spetterebbe di regola all’Amministrazione finanziaria): una organizzazione ricompresa nella elencazione di cui al comma 2 configurerebbe una stabile organizzazione a meno che il contribuente non dimostri che nel caso di specie non siano soddisfatti i requisiti contenuti nella definizione generale di cui innanzi. Ma torniamo all’elencazione delle fattispecie che concretizzano la stabile organizzazione: una sede di direzione (ovvero il luogo dove si svolge l’attività direzionale ed organizzativa); una succursale (un ramo di impresa, una sede secondaria dotata di un certo grado di indipendenza e economica e commerciale); un ufficio o un’officina (non indipendenti economicamente dall’impresa) o un laboratorio (dove si svolge attività di ricerca); una miniera, una cava o un altro luogo di estrazioni di risorse naturali (comprese anche – disposizione nuova rispetto al modello OCSE – quelle zone di estrazione che si trovano al di fuori delle acque territoriali in cui lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo e alle risorse naturali, in base a diritto internazionale consuetudinario e alla legislazione nazionale). Il terzo comma dell’articolo in esame si occupa dei cantieri di costruzione, definendo stabile organizzazione un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, ovvero l’esercizio di attività di supervisione ad esso connesse soltanto se tale cantiere, progetto o attività ha una durata superiore a tre mesi, differenziandosi per il termine temporale dal modello OCSE del 1977 che invece stabilisce una durata pari a 12 mesi e optando per la configurazione della stabile organizzazione anche nel caso di attività di supervisione connessa con il cantiere di costruzione, montaggio o installazione. Inoltre ai fini pratici e per non scoraggiare l’attività internazionale delle imprese sono state previste alcune ipotesi c.d. negative in cui, seguendo il modello OCSE, non si può configurare una stabile organizzazione: si tratta di tutte quelle attività preparatorie e ausiliare alla attività di impresa che come tali non determinano la produzione di reddito e sono rivolte in via esclusiva all’impresa, non essendo destinate a clienti (si pensi ad una sede fissa d’affari che viene utilizzata a soli fini espositivi o per deposito di merce etc.). Il comma si occupa di commercio elettronico in maniera meno restrittiva rispetto alle disposizioni OCSE (è detto che non costituisce di per sé stabile organizzazione la disponibilità a qualsiasi titolo di elaboratori elettronici relativi impianti ausiliari che consentano la raccolta e la trasmissione di dati ed informazioni finalizzati alla vendita di beni e servizi). Infine rilevanti sono le disposizioni contenute nei commi 6,7,8, nella quali dopo aver detto che configura una S.O. il soggetto residente o non residente che nel territorio dello Stato conclude abitualmente, in nome dell’impresa, contratti diversi da quelli di acquisto dei beni, si esclude la configurabilità della S.O. nel caso di presenza nel nostro Paese di mediatori, commissionari o altri intermediari con status indipendente; vi è inoltre una disposizione nuova: è detto espressamente che non si è in presenza di una S.O. se l’impresa estera svolge la propria attività per il tramite di un raccomandatario marittimo o di un mediatore marittimo, anche se quest’ultimo abbia i poteri per la gestione commerciale ed operativa delle navi dell’impresa, anche in via continuativa.