Attività così strutturate e complesse devono vedere necessariamente in primo piano il ruolo dei professionisti a rubrica “Commercio Internazionale” chiude oggi per la pausa estiva il suo ciclo 2002/2003. Questi otto mesi hanno visto il nostro team di esperti, provenienti da diverse aree professionali, impegnato nel progetto divulgativo sul tema dell’internazionalizzazione, con l’intento di rendere fruibili un insieme di concetti che appartengono ad un sistema altamente tecnico, il mondo degli affari internazionali. L’esigenza di affrontare la problematica in modo integrato e sotto i diversi aspetti tecnici nasce infatti dalla circostanza che le PMI del Sud, spesso avulse dalle grandi realtà internazionali, quando sperimentano i primi approcci sui mercati esteri, si trovano costrette ad affrontare contemporaneamente tutte le fasi del commercio internazionale, dalla redazione dei contratti, alle procedure fiscali fino alle problematiche dei trasporti, delle dogane e dei pagamenti internazionali. Ed in questo senso l’analisi condotta nel corso dell’anno ha inteso “condensare” in poche note il vastissimo panorama delle problematiche sul tema, spaziando dalla materia fiscale a quella legale, fino al settore aziendale, finanziario e del marketing , con lo scopo finale di fornire, se non un decalogo, almeno una razionalizzazione delle strategie di fondo dell’internazionalizzazione.
L’IMPORTANZA DI UN MODELLO STRATEGICO – Questo operazioni di “mappatura” delle operazioni basilari, per quanto elementare, assume enorme importanza in un contesto come quello delle piccole imprese del Sud, che non sempre riescono a esprimere compiutamente le proprie necessità legate all’espansione internazionale.È infatti latente una forte domanda dell’imprenditoria locale che chiede in modo generico “…di andare all’estero ..” , senza avere chiara idea se andare “a monte” o “a valle”, cioè se le economie di gestione perse nel mercato domestico debbano essere recuperate all’estero sul fronte dei ricavi, ovvero dei costi, e quindi in ultima istanza senza avere idea sul come e dove “andare all’estero”(e sono infatti frequenti casi di imprenditori che si avventurano in viaggi della speranza per vendere in contesti economicamente poveri prodotti fabbricati in Italia e di alta gamma).Questa domanda dunque va necessariamente decodificata per inquadrare le esigenze dell’impresa e proporre agli imprenditori un modello strategico e non casuale di espansione internazionale .Secondo questa prospettiva infatti si sono mossi i primi articoli della nostra rubrica, che hanno analizzato le direttici fondamentali dell’internazionalizzazione, selezionando così percorsi diversificati di sviluppo:verso mercati di sbocco ovvero verso mercati di approvvigionamento e di produzione.
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE VENDITE – Operando un’espansione attraverso i canali di sbocco, l’obiettivo non può che essere costituito da mercati con alto reddito pro-capite, con gusti, tradizioni e sistemi distributivi simili a quelli italiani.Per quanto riguarda le modalità di attuazione, l’opzione tra un sistema di penetrazione commerciale diretto (agenti o proprie filiali all’estero) ovvero indiretto (distributori, importatori) dipende poi dal livello di controllo del mercato estero che l’impresa intende o è in grado di attuare.Analizzando i mercati di sbocco nel corso della rubrica abbiamo concretamente indicato alcuni dei principali Paesi di sbocco (UK e Germania), analizzandone i sistemi distributivi e commerciali e rapportandoli ad alcuni settori rilevanti dell’economia pugliese (il mobile imbottito, l’agro-alimentare ed il tessile).Sono state poi analizzate le opzioni possibili riguardanti i principali contratti di penetrazione commerciale e di distribuzione all’estero, quali l’agenzia, la vendita, la concessione di vendita, fornendo concreti suggerimenti per adeguare la struttura del contratto alle esigenze delle aziende italiane.
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PRODUZIONI – La selezione dei Paesi di produzione e di approvvigionamento avviene invece sulla base del più basso costo della mano d’opera, della più facile ed economica reperibilità della materia prima, dell’esistenza di finanziamenti per gli impianti, nonché di altri fattori come il risparmio fiscale, la stabilità politica, la vicinanza geografica, la compatibilità culturale e sociale…Cercando di contestualizzare tali scelte nell’ambito dell’economia pugliese, nelle varie uscite della rubrica abbiamo tracciato le linee guida dei processi di delocalizzazione (Cina, Romania, Argentina e Brasile), realizzati attraverso contratti di subfornitura ovvero mediante insediamenti stabili all’estero (rispetto ai quali è stata fornita una mappa dei finanziamenti disponibili, specialmente per l’area balcanica, nonché il regime fiscale, corredato di una sintetica guida delle strutture societarie funzionali per il rientro più efficiente sul piano fiscale e finanziario dei flussi dall’estero).
LA CENTRALITÀ DELLA CONTRATTUALISTICA E DELLA FISCALITÀ – In tutto questo processo non ci siamo stancati di ribadire che ogni fase delle operazioni va “registrata” in un valido impianto contrattuale, che tenga conto della inadeguatezza nel contesto giuridico internazionale dei modelli domestici (in più articoli abbiamo infatti tracciato le linee guida da seguire nella redazione di un contratto internazionale, commentando le strategie connesse alla scelta della legge applicabile, della giurisdizione o dell’arbitrato). Allo stesso modo abbiamo evidenziato l’importanza della valutazione dell’impatto fiscale delle operazioni internazionali fin dalla loro progettazione, senza relegarla come spesso avviene in una fase meramente esecutiva. C
ONCLUSIONI – L’internazionalizzazione ben presto rappresenterà una scelta obbligata anche per le aziende più piccole, che si troveranno costrette a strutturarsi sul piano internazionale per non essere estromesse dal sistema, ormai globalizzato e verticalmente integrato.L’indotto del divano dovrà seguire i grandi committenti e tentare di replicare all’estero la tecnica del distretto, i grandi mercati di sbocco diventeranno sempre più concentrati e preclusi alle medie imprese, si affacceranno nuovi concorrenti stranieri nel mercato domestico ma viceversa si determinerà l’apertura di nuovi mercati, come i Balcani, prima inesplorati.Il commercio internazionale rappresenta quindi il settore al quale la nostra regione affiderà lo sviluppo della sua economia, fornendo opportunità di occupazione proprio ai giovani che sempre più prediligono lo studio di materie di respiro internazionale.Un progetto così rilevante non può essere lasciato al caso, ma va affidato a modelli strategici di marketing internazionale che siano adeguatamente strutturati e condivisi, e che vedano finalmente un ruolo centrale dei professionisti che, almeno negli altri Paesi europei, costituiscono la naturale cerniera tra il mondo istituzionale e quelle delle imprese.