La riforma fiscale, attuata con il D.Lgs 12 dicembre 2003, n.344, ha introdotto, tra gli altri, l’istituto della trasparenza fiscale delle società di capitali. Gli artt.115 e 116 del nuovo Testo Unico delle Imposte Dirette (TUIR) disciplinano l’istituto in esame, rispettivamente, con riguardo alle società di capitali partecipate da società di capitali e alle società a responsabilità limitata partecipate da persone fisiche.Si tratta, in entrambi i casi, di un istituto opzionale che si inserisce nell’esigenza generale della riforma di attenuare gli effetti negativi derivanti dalla soppressione del credito d’imposta sui dividendi e dalla indeducibilità delle svalutazioni delle partecipazioni.Attraverso tale istituto, già da tempo operante per le società di persona, il reddito (o la perdita) della società partecipata, indipendentemente dall’effettiva percezione, è imputato ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione agli utili in essere alla data di chiusura del periodo d’imposta della medesima società.Il regime di trasparenza fiscale può applicarsi anche nei casi in cui la compagine sociale sia composta da soci non residenti, con le limitazioni che saranno di seguito esaminate.Il Decreto Ministeriale 23 aprile 2004 dà applicazione alle disposizioni di cui agli artt.115 e 116 del TUIR, disciplinando, tra l’altro:i soggetti che possono optare per la trasparenza fiscale;i limiti all’esercizio dell’opzione;le percentuali di partecipazione;i soggetti che devono effettuare l’opzione;il rinnovo e la perdita di efficacia dell’opzione;il versamento degli acconti d’imposta e la distribuzione degli utili.Successivamente, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 4 agosto 2004 sono state dettate le modalità da seguire per trasmettere la comunicazione dell’opzione per il regime della trasparenza fiscale (da effettuarsi entro il primo dei tre periodi d’imposta di efficacia dell’opzione stessa).I soggetti interessati all’opzione di cui all’art.115 TUIR sono tutte le società di capitali, a condizione che:il capitale sociale della società partecipata sia detenuto esclusivamente altre società di capitali;ciascuno dei soci partecipi con una percentuale non inferiore al 10 per cento e non superiore al 50 per cento.Tra i soci che partecipano al capitale sociale della società “trasparente” possono esserci anche soci (società di capitali) non residenti. La norma sulla trasparenza fiscale si intreccia, a questo punto, con la disciplina fiscale relativa alla distribuzione di utili di partecipazione effettuata da società residenti a favore di soggetti non residenti nel territorio dello Stato.L’accesso al regime di trasparenza è consentito solo a condizione che per gli utili distribuiti dalla società partecipata alla società non residente partecipante non vi sia obbligo di applicazione della ritenuta fiscale, ovvero la ritenuta, se applicata, sia suscettibile di integrale rimborso.Appare evidente come l’applicazione di tale limite debba ricercarsi nell’intento del legislatore di evitare perdite di gettito per le casse erariali.Infatti, in caso di regime di trasparenza, lo Stato percepirebbe esclusivamente le imposte pari al 33 per cento sull’imponibile; mentre, in assenza di regime di trasparenza, nelle casse erariali, alle imposte percepite nella misura sopra indicata dovute dalla società partecipata, si aggiungerebbe anche la ritenuta del 27 per cento sul dividendo distribuito alle società non residenti partecipanti.Alla luce di tali disposizioni è possibile affermare che: il regime di trasparenza non potrà mai essere applicato quando il socio estero è un soggetto residente in paesi extraeuropei, poiché in tali casi è prevista l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 27 per cento sull’intero dividendo percepito, ai sensi dell’art.27, comma 3, del DPR 600/73, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di utili corrisposti a fronte di partecipazioni qualificate o non qualificate.Il regime di trasparenza può essere utilizzato nel caso di soci non residenti nei confronti dei quali si rende applicabile il regime delle società “madre-figlia”, disciplinato dall’art.27-bis del citato DPR 600/73, in base al quale, in presenza di determinati requisiti, la società (madre) comunitaria beneficiaria dei dividendi distribuiti dalla società (figlia) residente, ha diritto al rimborso della ritenuta (art.27-bis, c.1) o può chiedere che la ritenuta stessa non venga applicata (art.27-bis, c.3).Sono esenti dall’applicazione della ritenuta alla fonte i dividendi distribuiti da una società “figlia” residente alla società “madre”, a condizione che quest’ultimapossieda, ininterrottamente per almeno un anno, una partecipazione diretta non inferiore al 25 per cento del capitale della società che distribuisce gli utili;risieda, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione Europea;rivesta una delle forme previste nell’allegato della direttiva n.435/90/CEE del Consiglio del 23 luglio 1990;sia soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di opzioni o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle imposte indicate nell’allegato della predetta direttiva.Nel caso di mancato rispetto delle predette condizioni, il regime madre-figlia non troverebbe applicazione e, di conseguenza, alcune società residenti nel territorio UE resterebbero escluse dal regime di trasparenza, con evidente lesione del “diritto di stabilimento”, sancito dalla normativa comunitaria.
La trasparenza fiscale delle società di capitali
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