Le fusioni tra società aventi sede legale in differenti Stati Membri dell’Unione presto incontreranno, sulla loro strada, molti meno ostacoli di tipo legale e burocratico rispetto ad oggi: lo scorso 10 maggio, infatti, il Parlamento di Strasburgo ha adottato in prima lettura la relazione presentata dall’eurodeputato Klaus- Heiner Lehne, relativa appunto alla proposta della Commissione Europea sulle fusioni transfrontaliere. Il Parlamento Europeo, attraverso la proposizione di alcuni emendamenti, ha voluto meglio definire i contorni della direttiva, chiarendo ad esempio la natura delle società beneficiarie, i diritti dei lavoratori delle società coinvolte in un progetto di fusione di tal fatta, etc.
LA DIRETTIVA – La proposta di direttiva in esame si inserisce nel quadro del Piano d’azione per i servizi finanziari e della Comunicazione della Commissione e del Parlamento Europeo “Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell’Unione Europea” del 21 maggio 2003; tale proposta mira a facilitare le fusioni transfrontaliere delle società commerciali evitando che le legislazioni nazionali loro applicabili (in generale quella dello Stato della sede principale) costituiscano un ostacolo. I VANTAGGI – Al momento le fusioni transfrontaliere sono possibili tra società che risiedono solo in alcuni Paesi Membri, negli altri casi, allorquando le differenze tra le legislazioni in materia sono invalicabili, le imprese sono costrette a cercare delle alternative, rappresentate spesso dalla costituzione di società holding per ottenere per via lecita la fusione di gruppi. La Commissione Europea, che ha formulato la proposta in esame ben due anni fa (ma i lavori di armonizzazione in materia sono iniziati nel lontano 1984), ha fortemente cercato di studiare norme atte a garantire un sistema più agevole per le concentrazioni transfrontaliere delle imprese di capitali, superando le differenze presenti tra i vari ordinamenti giuridici dei Paesi membri. L’attuale regime, infatti – sottolineava la Commissione – è tanto costoso e complicato da scoraggiare la fusione tra PMI appartenenti a diversi Stati, che pur avrebbero potuto trarre vantaggio da simile operazione, non ritenendo di adottare la soluzione della società europea di cui abbiamo parlato nell’articolo apparso su questa rubrica lo scorso anno in data 1.11.2004 (soluzione più adeguata per imprese di grandi dimensioni, con dotazione patrimoniale più ampia e operanti in tutta Europa).Va dato atto a lavoro da sempre svolto dalla Commissione Europea che da anni spinge affinché le imprese comunitarie stipulino tra di loro, alle migliori condizioni, il maggior numero di accordi transfrontalieri possibile al fine di accrescerne la competitività sullo scenario economico interno ed internazionale. E’ nel solco di questa tendenza che si posizionano tutte le norme comunitarie volte ad agevolare le operazioni straordinarie e studiate in particolare per ridurne i costi, garantirne la certezza giuridica e consentire al maggior numero possibile di imprese di beneficiarne.
LE SOCIETÀ CHE RIENTRANO NEL CAMPO DI APPLICAZIONE DELA PROPOSTA – La proposta si applica a tutte le società di capitali (società per azioni e società a responsabilità limitata), pertanto qualsiasi società di capitali dotata di personalità giuridica e di un patrimonio separato che può rispondere da solo dei debiti della società rientra nel campo di applicazione della proposta di direttiva. Non viene fatta distinzione alcuna per quanto riguarda le dimensioni delle imprese, la loro collocazione geografica, o il settore di attività.La proposta di direttiva si rivolge principalmente alle imprese che non sono interessate alla creazione di una SE (società europea), come accade di sovente per le piccole e medie imprese che comunque desiderano fondersi ed operare su due Stati membri. La proposta, come afferma la Commissione, tende quindi a promuovere, eliminando gli ostacoli attualmente presenti, l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese che, per la scarsità di capitali, spesso sono costituite in forma di s.r.l., rappresentano, all’interno dell’Unione Europea, nove imprese su dieci (tre posti di lavoro su dieci) e, infine, costituiscono un po’ più di un quinto del valore aggiunto dell’Unione.Il Parlamento, nella seduta del 10 maggio, ha chiesto di prevedere la facoltà, rimessa ai singoli Stati membri, di impedire che la direttiva si applichi alle fusioni transfrontaliere che coinvolgono una società cooperativa, anche quando quest’ultima rientra, per il diritto interno, nella definizione di società di capitali.
DISCIPLINA e TUTELA DEI LAVORATORI – A differenza della società europea, le società derivanti dalla fusione transfrontaliera, come disciplinata dalla direttiva in esame, saranno soggette al diritto nazionale di uno Stato membro, quello in cui la nuova entità ha stabilito la propria sede, e sarà anche quello a determinare le regole di partecipazione dei lavoratori. A tal proposito l’impasse che non ha consentito all’iniziale progetto del 1984 di andare in porto è stato determinato proprio dalla questione legata alla tutela dei lavoratori: si voleva impedire che le fusioni transfrontaliere fossero l’occasione per svincolare le imprese dall’osservanza di norme interne poste a tutela dei lavoratori. In realtà i diritti di questi ultimi sono oggi garantiti dalla armonizzazione dei singoli diritti interni dovuta alla emanazione di alcune direttive del 2001 e 2002 in materia di “mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese” e di “consultazione e informazione dei lavoratori” in ambito europeo. In virtù di tali norme (ma anche di quelle previste per la società europea – procedura di negoziazione – e applicabili all’operazione straordinaria in esame) il cambiamento del datore di lavoro derivante dalla fusione non avrà effetto alcuno sul contratto o sul rapporto di lavoro in essere al momento della fusione, esso sarà automaticamente attribuito alla nuova direzione d’impresa derivante dalla fusione, con il mantenimento dei diritti acquisiti tramite convenzione, collettiva nonché diritti e prestazioni di anzianità, invalidità etc.