La forte propensione all’investimento in Brasile da parte di operatori esteri (si stima che il 40% degli investimenti diretti destinati nell’America Latina, siano attratti da questo Paese) è determinata da numerosi fattori in grado di esercitare un forte “appeal” sugli investitori esteri che trovano condizioni ideali per l’insediamento di unità produttive. Si pensi al fatto che grandi nomi dell’imprenditoria nazionale hanno negli ultimi anni eletto il Brasile quale terra di de-localizzazione (TELECOM – FIAT- ANSALDO- FERRERO – PARMALAT – PIRELLI – GENERALI ASS. etc.).
IL MERCOSUL E I RAPPORTI INTERNAZIONALI – I Paesi dell’America latina hanno intrapreso,sin dal 1986, un cammino che avrebbe condotto alla creazione di un’area di libero scambio, simile a quella dell’Unione Europea e del Nafta(accordo in vigore tra Messico, USA e Canada). E’ stato così che il Brasile e l’Argentina hanno firmato nel 1990 un accordo di carattere generale che incorporava tutti i precedenti accordi commerciali in essere tra i due Paesi, creando tutte le premesse per la stipula di un accordo definitivo. L’obiettivo, infatti, è stato raggiunto l’anno seguente: il 26 Marzo del 1991, Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay, hanno siglato un accordo che ha consentito la creazione di un mercato comune del Sud (Mercado Comun do Sul ovvero Mercosul), entrato in vigore il 1° gennaio 1995 (ad esso sono stati associati in seguito Cile e Bolivia, nel dicembre 2003 il Perù; sono in corso trattative per l’adesione del Venezuela).Il Mercosul vede agire al suo interno due grosse potenze, ossia Brasile e Argentina (ma dopo la recessione argentina, il Brasile ha conquistato la leadership) e ha posto come azioni prioritarie del suo operare la coordinazione della politica macroeconomica e settoriale, la regolazione del libero transito delle merci e dei servi, la adozione di politiche comuni nei confronti di Paesi esteri (o si unioni di Paesi, come l’UE, il NAFTA etc.). Il Brasile sta intessendo relazioni diplomatiche e commerciali con diversi Paesi (anche con l’Unione Europea vi sono dei progetti di accordo per la creazione di un’area di libero scambio interregionale, peraltro è stato già istituito un consiglio di cooperazione UE-Mercosul) e sta partecipando assieme agli USA alla costruzione dell’area di libero scambio delle americhe (ALCA o FTTA – Free Trade Areas of the Americas), un progetto iniziato nel 1994 che dovrebbe condurre alla stipulazione di un accordo nel 2005. Le materie ricomprese nel progetto che dovrebbe creare un area di libero commercio estesa dal Canada alla Terra del fuoco, sono la protezione della proprietà intellettuale, libero commercio dei servizi e par condicio nel settore degli appalti pubblici; accanto a ciò il Brasile, per proseguire proficuamente le trattative, chiede che gli USA eliminino i sussidi nazionali all’agricoltura e che non discriminino le importazioni di prodotti agricoli provenienti dal Sud America attraverso imposizioni anti-dumping.
IL SISTEMA BRASILE – Dopo aver analizzato il contesto internazionale in cui si inserisce l’economia brasiliana, passiamo ad esaminare il sistema nazionale, ovvero ad analizzare la disciplina interna nelle aree che direttamente interessano l’investitore straniero. Innanzitutto occorre premettere un dato fondamentale, il Brasile è uno stato federale, che quindi al suo interno si divide in Stati e in comuni, pertanto spesso accade che determinate fattispecie trovino una regolamentazione che si snoda a più livelli, uno federale, uno statale, uno municipale, appunto, con sovrapposizioni e differenze considerevoli da Stato a Stato. Se questa autonomia normativa ed impositiva da un lato può creare distorsioni, dall’altro risulta essere vantaggiosa per gli investitori esteri che hanno la possibilità di negoziare direttamente con lo Stato nel cui territorio intendono insediare l’unità produttiva incentivi ed agevolazioni di carattere fiscale. Passando all’analisi della normativa interna, segnaliamo che le forme societarie più diffuse sono la società anonima (S/A, una società per azioni) e la società a responsabilità limitata (LTDA), entrambe caratterizzate dal regime di responsabilità limitata dei soci. Di solito dagli investitori esteri viene preferita la società a responsabilità limitata, in quanto snella nella procedura di costituzione e nel funzionamento. Il numero minimo di soci per la costituzione della società è di due, che possono anche essere entrambi stranieri, ossia non residenti in Brasile, in questo caso sarà loro obbligo nominare un amministratore che abbia la residenza nello stato in cui si chiede la costituzione della società.
IL SISTEMA FISCALE – Il sistema fiscale brasiliano è molto complesso proprio in relazione alla struttura federale del Paese: ciascuno degli Stati, infatti, è dotato di un autonomo potere impositivo che si va ad aggiungere a quello federale e municipale, a volte sovrapponendosi. Le imposte indirette ne sono un chiaro esempio, sono molteplici e vanno ad incidere sui medesimi beni o servizi. Esaminando infatti l’imposta sulla circolazione delle merci e sui servizi di trasporto e di comunicazione (l’ICMS), applicata da tutti gli Stati brasiliani, scopriamo che si generano effetti di accumulazione con un’altra imposta ISS, questa volta applicata a livello comunale gravante sui servizi (a questo proposito si segnala che è stata già approvata parte della attesa riforma fiscale che introdurrà un’imposta indiretta simile alla nostra IVA). L’aliquota applicata nella tassazione del reddito d’impresa è del 15% che può essere calcolata sul reddito effettivo (lucro real) o sul profitto previsto (lucro presumido), a questa si aggiungono l’addizionale del 10% per la parte che eccede i 240,000 real, e un contributo sociale pari all’8% applicato a tutte le imprese. Al fine di evitare la doppia imposizione, il Brasile ha concluso trattati in materia con diversi Paesi, tra cui l’Italia nel 1981. Tra Italia e Brasile è in vigore anche un trattato sulla protezione reciproca degli investimenti siglato nel 1996. Inoltre altro fattore da considerare è il costo del lavoro, che, rapportato a quelli medi dei paesi industrializzati, è pari ad un loro decimo. Il salario mensile minimo, in altri termini corrisposto ad un operaio non specializzato, è infatti di 151.00 real, ovvero circa di 100 euro. A questo fattore competitivo, si aggiungono la reperibilità a basso costo delle materie prime e la vicinanza a mercati geografici strategici per l’export (USA e Canada).