Recente ed interessante sentenza della Corte di Giustizia – anche per i riflessi che avrà sulla normativa italiana – con la quale gli Eurogiudici hanno interpretato l’art. 3 della Direttiva 1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, stabilendo che è in contrasto con la citata direttiva una normativa nazionale che “consenta al venditore, nel caso in cui abbia venduto un bene di consumo presentante un difetto di conformità, di esigere al consumatore un’indennità per l’uso del bene non conforme fino alla sua sostituzione con un bene nuovo”.
IL CASO – Una cittadina tedesca aveva acquistato da una società di vendita per corrispondenza un set forno/piano cottura; l’elettrodomestico, ad un anno e mezzo della consegna, presentando un difetto di conformità, era stato ritirato e sostituto dalla società fornitrice, la quale aveva però chiesto ed ottenuto dalla consumatrice il pagamento di una somma di denaro a titolo di indennità per i vantaggi da quest’ultima ritratti dall’utilizzazione dell’apparecchio inizialmente fornito. Nei confronti della società venditrice agiva in giudizio su mandato dell’acquirente, un associazione di consumatori tedesca che chiedeva il rimborso della somma versata, sostenendo che in caso di sostituzione di un bene non conforme al contratto di vendita, la società venditrice si astenga dal fatturare importi per l’utilizzazione di tale bene. Incardinatosi il giudizio in maniera ordinaria presso le corti tedesche, il caso giungeva alla Corte federale di Cassazione tedesca che sospendeva il procedimento per sottoporre alla Corte di Giustizia la questione relativa al contrasto con le disposizioni comunitarie della normativa tedesca che prevede il diritto del venditore, in caso di sostituzione di bene non conforme, alla corresponsione di un indennità a titolo di compensazione dei vantaggi conseguiti dal consumatore per l’utilizzo di tale bene. Dobbiamo premettere che i rimedi a disposizione del consumatore in caso di difetti di conformità del bene consegnato sono i seguenti: in primis il consumatore deve esigere il ripristino della conformità del bene, in seconda battuta, ove ciò non sia possibile, può chiedere riduzione del prezzo o risoluzione del contratto. L’art. 3, n. 2 è chiaro quando afferma che il ripristino della conformità del bene avviene con riparazione o sostituzione, in entrambi i casi senza spese. La Corte afferma che il legislatore comunitario così stabilendo ha inteso fare della gratuità del ripristino della conformità del bene da parte del venditore un elemento essenziale della tutela garantita al consumatore da tale direttiva. Le argomentazioni addotte dal Governo tedesco a sostegno della legittimità della propria norma interna prendono le mosse dal quindicesimo ‘considerando’ della direttiva che, a dire del Governo, esprimendo un principio di diritto a carattere assolutamente generale, conferisce agli Stati membri piena libertà di stabilire in quali situazioni il consumatore è tenuto a versare un’indennità per l’uso di un bene. In realtà la Corte fa osservare che detto “considerando” disciplina l’ipotesi della risoluzione del contratto, previsto dall’art. 3, n. 5, della direttiva, caso nel quale, in applicazione del principio della mutua restituzione dei vantaggi ricevuti, il venditore deve rimborsare al consumatore il prezzo di vendita del bene (e gli stati membri quindi possono prevedere che detto rimborso sia ridotto in considerazione dell’uso del bene fatto dal consumatore dal momento della consegna). Anche se il caso non riguarda espressamente il nostro Paese, ma considerato che ogni giudice nazionale ha l'obbligo di conformarsi all'interpretazione del diritto comunitario operata dalla Corte di giustizia, dovrà essere interpretato in tale direzione l’art. 130, comma 8 del nostro Codice del consumo, escludendo pertanto l’applicazione del rimborso per l’utilizzo di un bene non conforme nel caso in cui si opti per il rimedio della riduzione del prezzo.