In attuazione della direttiva 2000/35/CE, il decreto legislativo n.231/2002, in vigore dal 7 novembre 2002, ha stabilito nuove regole in materia di pagamenti nelle transazioni commerciali. La finalità della direttiva comunitaria è quella di uniformare la disciplina degli Stati Membri in materia di lotta al ritardo nelle transazioni commerciali, fenomeno che si riflette negativamente sui profitti e sulla competitività delle imprese. Contenuto del decreto La novità essenziale del decreto consiste nella previsione della cosiddetta “mora automatica”, in altri termini nei contratti stipulati dopo l’8 agosto 2002 gli interessi sui pagamenti in ritardo sono automatici e iniziano a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento. Qualora le parti non abbiamo raggiunto accordi diversi, tali interessi iniziano a decorrere automaticamente dopo 30 giorni dal ricevimento della fattura o dalla consegna della merce e sono dovuti in misura pari al saggio d’interesse che la Banca Centrale Europea applica alle operazioni di rifinanziamento principali (per il I semestre 2003 il saggio è di 2.75%- comunicazione BCE del 9 gennaio 2003) aumentato di sette punti percentuali (il valore del tasso di interesse applicabile fino al 30 giugno 2003 sarà pari al 9.75%). Pertanto secondo la nuova disciplina ossia non sarà più necessaria la costituzione in mora del debitore, poiché quest’ultimo sarà considerato moroso automaticamente allo scadere del termine per il pagamento, senza che il creditore sia obbligato ad inviare sollecitazione al pagamento con atto formale scritto ai sensi dell’art.1454 c.c. . Soggetti e ambito di applicazione Le disposizioni in esame si applicano per ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo nell’ambito di contratti tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni, che abbiano ad oggetto, almeno in via prevalente, la consegna di merci o la prestazione di un servizio contro il pagamento di un prezzo.Per imprenditore si intende “ogni soggetto esercente una attività economica organizzata o una libera professione” ( art.2, lett.c, d.lgs 231/02). In altri termini le nuove norme riguardano esclusivamente imprese, professionisti, artigiani, commercianti, produttori e distributori, restando invece esclusi i consumatori, ovvero l’anello finale della catena commerciale. Le norme non trovano applicazione ai debiti oggetto di procedure concorsuali (ad es. fallimento) aperte a carico del debitore, oppure a pagamenti effettuati a titolo di risarcimento danno, ivi compresi quelli corrisposti dalle assicurazioni, infine in presenza di transazioni per cui vengano richiesti interessi inferiori a cinque euro. Contratti di subfornituraGli interessi moratori sono dovuti in misura pari al tasso d’interesse stabilito dalla BCE aumentato di sette punti percentuali anche per i pagamenti relativi ai contratti di subfornitura. Tali contratti – secondo i quali un’impresa si impegna, per conto di un committente, ad effettuare lavorazioni su semilavorati o materie prime fornite dal committente stesso oppure fornire prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque utilizzati nell’ambito della attività del committente – erano già stati oggetto di una recente regolamentazione (L.192/1998), con la quale si era già introdotto il principio della “mora automatica”. Nullità dell’accordoL’accordo gravemente iniquo per il creditore è nullo e la nullità può essere dichiarata dal giudice anche d’ufficio. Un accordo gravemente iniquo è ad esempio quello che impone al subfornitore termini di pagamento ingiustificatamente più lunghi rispetto ai termini di pagamento concessi al committente. Si pensi al sistema adottato dalla Grande distribuzione organizzata la quale impone termini di pagamento ai fornitori che possono superare i dodici mesi, pur incassando il contante in brevissimo termine, di fatto sfruttando la posizione di debolezza del contraenti e l’elevato squilibrio contrattuale che si viene a creare. Altra norma a tutela del creditore è quella contenuta nell’art.6 del d.lgs 231/02 che concede al creditore il diritto al risarcimento dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente versate, sempre che il debitore non sia in grado di dimostrare che il danno non è a lui imputabile. Decreto ingiuntivo notificato all’esteroIl decreto in esame ha dichiarato la fine della annosa debacle relativa alla notificazione dei decreti ingiuntivi all’estero che si è stata rappresentata dal susseguirsi di pronunce da parte deegli eurogiudici e dei giudici italiani arroccate su posizioni contrastanti e soprattutto per nulla risolutorie. In particolare, grazie all’abrogazione dell’ultimo comma dell’art.633 del c.p.c. è possibile per i creditori notificare il decreto ingiuntivo volto al recupero delle somme di propria spettanza, anche all’estero. In passato infatti l’art. 633 ultimo comma subordinava la concessione del decreto ingiuntivo alla condizione che questo fosse notificato nel territorio italiano e di conseguenza precludendo la possibilità di ottenere il decreto qualora la notifica doveva essere effettuata ad un soggetto residente fuori del territorio nazionale. Questo preclusione arrecava grave pregiudizio agli operatori economici che intrattenevano rapporti con l’estero, in quanto si vedevano negare il ricorso ad uno strumento che per la snellezza e brevità della procedura avrebbe assicurato una maggior tutela dei propri interessi. Nel sistema previgente il creditore che voleva recuperare il proprio credito presso la controparte estera era costretto ad instaurare un ordinario giudizio e a richiedere l’ordinanza di ingiunzione ex art.186 ter c.p.c., che può essere pronunciata anche nei confronti dello straniero, anche nel caso questi rimanga contumace. In realtà alcuni tribunali italiani, disapplicando l’art.633 del c.p.c. per contrasto con i principi comunitari in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi, avevano concesso decreti ingiuntivi da notificare all’estero. Il recente intervento del legislatore delegato viene anche a superare l’impasse determinato da una recente pronuncia della Corte di Giustizia ( 22 giugno 2002) che aveva dichiarato la perfetta compatibilità della norma in questione con il principio della libertà dei pagamenti, ponendosi clamorosamente in contrasto con le decisioni dei tribunali italiani e le posizioni della dottrina. Quest’ultima in particolare era da anni propensa alla automatica disapplicazione della norma de qua da parte dei giudici nazionali in caso di decreti da notificarsi almeno all’interno della Unione Europea; questo in forza della pronuncia del 13 luglio 1995 con la quale la Corte di Giustizia aveva dichiarato che il nostro procedimento d’ingiunzione non solo si presenta conforme al rispetto della principio della difesa e del contraddittorio, ma si presenta come decisione opponibile se la notificazione avviene nell’ambito dei Paesi della Comunità Europea nel rispetto delle regole poste dalla Convenzione dell’Aja del 1965 (Convenzione avente ad oggetto la notifica all’estero di atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale, ratificata in Italia con legge n.42/81).
I CONTRATTI INTERNAZIONALI – Scelta della legge applicabile e foro competente
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