La direttiva 2000/31/CE, relativa al commercio elettronico prevede all’art.16 l’elaborazione, da parte di associazioni od organizzazioni imprenditoriali, professionali o di consumatori, di codici di condotta a livello comunitario volti a contribuire all’efficace applicazione della direttiva stessa; prevede inoltre all’art.17 che gli Stati membri non ostacolino con la loro legislazione interna l’uso di strumenti di composizione extragiudiziaria delle controversie fra prestatore e destinatario del servizio della società dell’informazione.E’ evidente che il legislatore comunitario si sia preoccupato di eliminare alla radice il duplice e spinoso problema dell’individuazione, in caso di conflitti fra le parti contraenti, della legge applicabile alla transazione commerciale stipulata on line e della giurisdizione (ovverosia del luogo di risoluzione giudiziaria della lite).La scelta dell’Unione Europea è senz’altro condivisibile ed in linea con l’esperienza più avanzata di Stati extraeuropei che hanno da tempo sviluppato una lex mercatoria dell’Internet caratterizzata dall’autoregolamentazione dei rapporti fra operatori economici e fruitori dei servizi.
LA RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE Può tuttavia accadere che il tentativo di soluzione stragiudiziale non sortisca l’effetto sperato. In tal caso poiché il contratto concluso tramite il web tra soggetti appartenenti a Stati diversi è pur sempre un contratto che presenta elementi di extraterritorialità, si dovrà far ricorso alle norme di diritto internazionale privato.L’art.57 della legge 31 maggio 1995 n.218, di riforma del diritto internazionale privato, in tema di obbligazioni contrattuali, fa rinvio alla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla Legge Applicabile L’art.3 della stessa legge riconosce inoltre efficacia generale alla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 in tema di competenza giurisdizionale ed esecuzione delle sentenze nei contratti conclusi da consumatori. Entrambe le citate convenzioni dispongono che, nel caso di vendita di beni mobili materiali o servizi, se vi è stata una forma di pubblicità nel Paese del consumatore e questi ha compiuto nel proprio Paese gli atti necessari per la conclusione del contratto, vanno senz’altro rispettate le norme imperative e la giurisdizione del Paese nel quale risiede abitualmente il consumatore.
LA LEGGE APPLICABILE – PREVALENZA DELLA LEGGE DEL CONSUMATOREOrbene, poiché un sito Internet indubbiamente concreta una forma di comunicazione pubblicitaria, ne riviene che saranno necessariamente applicabili le norme di diritto sostanziale e di giurisdizione dello Stato di residenza del consumatore. E ciò anche se il venditore on line abbia inserito nel proprio sito avvisi di restrizione dell’offerta a soggetti residenti in Paesi con legislazione simile alla propria od abbia addirittura esplicitamente indicato come legge regolatrice del rapporto quella del proprio Stato (opzione, quest’ultima, pur prevista dalla Convenzione di Roma citata, ma da considerarsi nulla ed inefficace nei rapporti B2C- business to consumer- per la norma di applicazione necessaria di cui all’art.5 comma 2 della stessa Convenzione).Ha avallato questa interpretazione la stessa Unione Europea nella direttiva 97/7/CE (da noi recepita con decreto legislativo 22 maggio 1999 n.185); in essa si statuisce che, con riferimento ai contratti a distanza (fra i quali sono compresi quelli di commercio elettronico), dovrà inderogabilmente applicarsi la legge dello Stato di destinazione, ossia quella del consumatore.
IL FORO COMPETENTE E LA TUTELA DEL CONSUMATORE –REGOLAMENTO EUROPEO n.44/2000Il Consiglio dell’Unione Europea inoltre, con regolamento del 22 dicembre 2000 n.44, concernente la competenza giurisdizionale e il riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale nell’Unione Europea, ha introdotto una disciplina speciale in materia di foro competente per le controversie aventi ad oggetto i contratti conclusi da consumatori (anche ovviamente on line).L’art.16 in particolare prevede che l’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto possa essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore. Viceversa l’azione dell’altra parte del contratto contro il consumatore potrà essere esperita solo davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliato il consumatore. Eventuali clausole contrattuali apposte dal venditore in deroga a tale disciplina sono da considerare nulle.