Nell’attuare compiutamente quello che viene definito spazio giuridico europeo, non può certo mancare una normativa uniforme e direttamente applicabile che riguardi la disciplina delle obbligazioni contrattuali: con il Trattato di Amsterdam si è dato nuovo slancio al diritto internazionale privato di fonte comunitaria e su questa strada nel 2001 è stato adottato il regolamento CE n. 44/2001 che ha sostituito, nei rapporti tra gli Stati membri, la Convenzione di Bruxelles del 1968 relativa alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Orbene percorrendo la medesima strada, con una proposta di regolamento ad hoc presentata dalla Commissione, si vuole tradurre in regola comunitaria e quindi in normativa uniforme la Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, essendo l’unico strumento in materia di diritto internazionale privato che a livello comunitario riveste ancora la forma del trattato internazionale. La predetta Convenzione, entrata in vigore nel 1991, nella riforma del diritto internazionale italiano avvenuta con Legge n. 218/95 è stata recepita nel nostro ordinamento grazie al rimando ad essa contenuto nell’art. 57 della medesima legge.
SCOPO DEL REGOLAMENTO – Si legge nelle premesse alla proposta di regolamento definito “Roma I” che “l’obiettivo della proposta, vale a dire l’adozione di regole uniformi riguardanti la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali per garantire una migliore prevedibilità delle decisioni giudiziali in materia, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, dati gli effetti dell’azione, essere meglio realizzato a livello comunitario”. Ma come interverrebbe il legislatore nel trasformare in uno strumento comunitario la disciplina della Convenzione di Roma del 1980? In realtà non si tratta di creare un corpus nuovo di norme giuridiche, ma di trasporre le regole di una convenzione già esistente ed operante in un regolamento comunitario, al quale apportare alcune modifiche che consentano di modernizzare alcune disposizioni della Convenzione e di renderne il testo più chiaro e preciso, aumentando in tal modo la certezza del diritto. Una prima annotazione da fare riguarda il campo di applicazione della proposta di regolamento: essa, variando l’impianto della Convenzione di Roma, si occupa unicamente delle obbligazioni contrattuali, mentre per le obbligazioni extracontrattuali l’Unione Europea ha predisposto una distinta proposta di regolamento detto Roma II che esamineremo in apposita sede.
LE PRINCIPALI MODIFICHE – Le modifiche da apportare alla Convenzione contenute nella proposta di regolamento non sono molte, non ne stravolgono, come dicevamo l’impianto, ma certamente sono significative e traggono spunto anche dalle risultanze delle consultazioni con gli Stati membri lanciate sul tema. In primo luogo, va evidenziato che, nella proposta, le parti possono decidere di applicare al proprio rapporto contrattuale anche norme non statuali, scelta prima impedita proprio dallo spirito della Convenzione stessa. La formulazione adottata dalla proposta invece è intesa ad autorizzare, in particolare, la scelta dei principi UNIDROIT, dei Principles of European Contract Law o di un eventuale futuro strumento comunitario facoltativo, vietando invece la scelta della lex mercatoria, insufficientemente precisa, o di codificazioni private non sufficientemente riconosciute dalla comunità internazionale. Quindi, se prima l’indicazione di dette soluzioni era equiparata alla mancanza di scelta con conseguente applicazione dei criteri di individuazione della legge applicabile stabiliti dalla stessa Convenzione (art. 3), con la proposta di regolamento si fa salva la suddetta indicazione. L’altra novità è rappresentata proprio dai criteri adottati in caso di mancanza di scelta della legge applicabile: la norma della convenzione, vale a dire l’applicazione della legge del luogo in cui risiede abitualmente la parte che fornisce la prestazione caratteristica, è mantenuta, ma vi si ricorre in seconda battuta, ossia nei casi in cui non si è in presenza degli accordi contrattuali più diffusi (ovvero vendita, prestazione di servizi, trasporto, franchising, distribuzione etc.), per i quali il regolamento, a priori, individua la legge applicabile. In altri termini, per i contratti utilizzati più di frequente nella pratica del commercio internazionale, si elimina in radice il rischio che il concetto di prestazione caratteristica sia interpretato in maniera difforme. Qualora poi non si riesca a determinare la prestazione caratteristica, allora il contratto sarà disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto. L’individuazione delle tipologie contrattuali fa sì che si abbia certezza sulla legge applicabile al contratto per determinati casi (ad esempio il contratto di franchising è disciplinato dalla legge del paese nel quale il franchisee ha la residenza abituale), d’altro canto restano esclusi contratti anche molto diffusi (si pensi al leasing), per i quali occorrerà utilizzare il criterio suppletivo della prestazione caratteristica. Un altro elemento di novità della proposta di regolamento consiste nella definizione univoca di legge applicabile ai contratti con i consumatori: il contratto concluso tra consumatore e professionista (impresa) sarà regolato dalla legge dello Stato membro nel quale il consumatore ha la residenza abituale. Cambierebbe quindi la regola in materia contenuta della Convenzione di Roma: essa stabilisce infatti che qualsiasi scelta operata dalle parti in merito alla legge applicabile debba soggiacere alle disposizioni imperative della legge del paese di residenza del consumatore, con la conseguenza che ci si trova di fronte all’applicazione sia della legge del consumatore, nella sua parte imperativa ed inderogabile, sia di quella del professionista per gli aspetti non rientranti nella prima.
CONCLUSIONI – La proposta di regolamento ha acquisito il parere del Comitato economico e sociale europeo depositato il 13.9.2006 ed è attualmente al vaglio del Consiglio europeo.