Sostenere nella fase di start up le imprese italiane che vogliono promuovere il Made in Italy all’estero: con questo obiettivo nasce un fondo di venture capital per lo sviluppo internazionale delle imprese italiane che vorranno promuovere i prodotti del Made in Italy sui mercati internazionali, sarà data priorità alle imprese di dimensioni minori e a quelle che valorizzano l’imprenditorialità femminile e danno spazio all’innovazione di prodotto e di processo. Il primo fondo c.d. di start up stanziato dal Ministero del Commercio Internazionale ammonta, come dotazione iniziale, a 4 milioni di euro, sarà gestito dalla SIMEST la società finanziaria pubblico-privata (controllata per la maggior parte – 76%- dal Governo italiano e partecipata da banche associazioni imprenditoriali e di categoria) istituita con la L. 100/90 allo scopo di promuovere lo sviluppo delle aziende all’estero, ed è destinato a sostenere la fase di start up delle piccole e medie imprese che decidono di aggregarsi in Italia per realizzare progetti di internazionalizzazione al di fuori dell’Unione Europea.
FUNZIONAMENTO – La SIMEST acquisirà il capitale di rischio dell’investimento, fino ad un massimo del 49%, per un importo non superiore a 200 mila di euro per singola impresa proponente, e comunque a 400 mila per singolo investimento; quest’ultimo avrà una durata compresa tra i due e i quattro anni – elevabili a 6 qualora la specificità del progetto lo richieda – al termine dei quali la SIMEST cederà la propria quota di partecipazione. Un sostegno di tal genere, ossia finalizzato a sostenere la fase iniziale, quella del lancio di un’azienda nel mercato internazionale che “è la più delicata” – ha spiegato la promotrice dell’intervento, il Ministro Emma Bonino – non esisteva nel novero dei finanziamenti pubblici a sostegno dell’internazionalizzazione. Non si tratta di uno strumento a fondo perduto – spiega il Ministro – perché “vi è sempre il ritorno dell’investimento anche se dilazionato nel tempo”. Da diverso tempo la Simest svolge attività di venture capitalist con un Fondo c.d. di Venture Capital che interviene in aree strategiche come Cina, Federazione Russa, Mediterraneo, Africa, Medio Oriente, i Balcani e America Centrale e Meridionale, attraverso l’ingresso nel capitale di società estere con un partecipazione fino al 49%. I vantaggi derivanti da questa forma di finanziamento sono molteplici per le imprese: i venture capitalist (nel nostro caso la Simest) investono il capitale c.d. di rischio in imprese di giovane costituzione, caratterizzate da alto potenzialità di reddito (magari perché posizionate in settori innovativi) ma prive dei mezzi finanziari necessari per accompagnare la propria crescita, ed entrano nel management dell’impresa prescelta. Superato l’arco temporale stimato sufficiente per ottenere la remunerazione economica dell’investimento, l’investitore cede la propria partecipazione ottenendo così la citata remunerazione. Viene in altri termini finanziata l’idea di impresa (nel nostro caso orientata a progetti di internazionalizzazione), consentendo alla medio-piccola società di attingere al capitale necessario alla crescita senza l’ansia del ritorno immediato; inoltre, come abbiamo visto, l’ingresso degli investitori avviene anche nella gestione dell’impresa: spesso con la nomina di manager di fiducia nel Consiglio di Amministrazione si assiste alla crescita dell’impresa anche sotto il profilo manageriale, un vero e proprio training per l’imprenditore medio-piccolo che assorbirà logiche e strategie di mercato internazionali, posizionando l’azienda in contesti strutturati e competitivi.