L’espansione internazionale delle imprese fa sì che dagli approcci di tipo casuale e sperimentale si passi alla creazione di vere e proprie strutture societarie in grado di accrescere l’efficienza del sistema produttivo e/o di espandere l’attività imprenditoriale a settori diversi da quello originario. Si assiste quindi alla costituzione di gruppi societari, fenomeno sempre più diffuso anche per le imprese di medie dimensioni, che travalicano i confini nazionali, mantenendo prevalentemente la gestione ed il controllo delle attività all’interno dello Stato di partenza. In altri termini può darsi il caso che una società italiana che acquista da impresa di diritto romeno prodotti finiti o semi-lavorati decida di acquisire al 100% le quote e/o le azioni di quest’ultima, in modo da integrarla nel proprio sistema produttivo e decida anche di costituire in Romania una società dedita alla commercializzazione dei prodotti finiti da esportare in Russia e aree limitrofe, sempre partecipata al 100% dalla società italiana. Si assiste quindi alla costituzione di un gruppo c.d. “a raggiera”, in cui la capogruppo italiana controlla e dirige tutte le società straniere. Ma esistono anche altre tipologie di gruppi, quali quelli “a catena” in cui una società controlla un’altra che a sua volta controlla un’altra ancora e così via; infine va tenuto presente che sono molto diffuse le combinazioni delle due tipologie descritte, in cui spesso sono presenti delle società holding pure al vertice o capogruppo (ossia detentrici esclusivamente di partecipazioni in altre società), con a seguire (ovvero controllate dalla holding) una o più sub-holding (che possono essere pure o miste) che controllano e dirigono a loro volta altre società operative in vari settori. Il fenomeno della de-localizzazione delle nostre imprese assume quindi tale veste, diventando negli ultimi anni sempre più complesso ed articolato: dalla scelta di de-localizzare solo le produzioni (in mercati in cui vi sono materie prime o manodopera a basso costo o in mercati geograficamente vicini a quelli di sbocco) si passa alla consapevolezza di dover concepire un progetto di più ampio respiro investendo anche nella creazione di solide reti distributive all’estero, nel lancio dei propri prodotti e/o servizi con campagne pubblicitarie concepite per i mercati esteri etc.
I GRUPPI DI SOCIETÀ – Dobbiamo subito evidenziare che sul piano giuridico un gruppo di società, ognuna delle quali ha nei confronti delle altre un rapporto di partecipazione, non costituisce una entità autonoma, ma è anzi un insieme di società ognuna delle quali è dotata di personalità giuridica, di proprio patrimonio, di organi di gestione e controllo. A questa precisa separazione giuridica corrisponde l’unitarietà economica del gruppo, si parla molto diffusamente di “unica impresa sotto il profilo economico”: le imprese che formalmente sono indipendenti sono sottoposte ad una direzione unitaria da parte della capogruppo che impone appunto delle direttive di gruppo che limitano l’autonomia funzionale delle società controllate. Con la riforma del diritto societario il nostro ordinamento ha voluto dare rilievo e disciplina al fenomeno della “direzione e coordinamento” di società, inserendo all’interno del corpus del nostro codice civile una regolamentazione ad hoc che disciplina, tra le altre cose, la pubblicità che la società è tenuta a fare dell’assoggettamento alla direzione e controllo altrui (artt. 2497 e ss. c.c.).
IL PROGETTO DI UNA SOCIETÀ A STATUTO EUROPEO – Chiaramente la strutturazione di gruppi societari richiede requisiti dimensionali e finanziari di partenza non limitati, sicché per diventare global player ma anche solo “European player” solitamente si è dotati di una struttura di partenza abbastanza solida che consente di operare in contesti internazionali anche avvalendosi di esperti legali, di fiscalisti e corrispondenti specializzati nei Paesi di riferimento. Per rimediare alla scarsa propensione delle imprese medio-piccole ad agire su scala europea, l’Unione Europea ha avviato una serie dei studi rivolti soprattutto a rinvenire strumenti che consentano alle PMI di operare agevolmente in ambito europeo. Allo studio attualmente c’è la società c.d. a statuto europeo, ovvero una società che abbia uno statuto composto da regole condivise e a tutti conosciute che funga da “etichetta europea”, in grado di conferire credibilità alla PMI sul piano dei rapporti internazionali. Lo studio condotto stila una serie di vantaggi che uno strumento di tal genere potrebbe produrre per l’economia europea, primo fra tutti “…un forte sviluppo delle strutture di tipo PMI. Uno statuto europeo della PMI in Europa aguzzerà senz’altro l’ingegno imprenditoriale in Europa”, migliorando l'efficienza e la competitività delle imprese. Sono state studia varie forme societarie già esistenti nel panorama mondiale, specie quelle con statuti meno articolati e più flessibili, come la statunitense LCC Delaware (caratterizzata da uno statuto leggero), o la “private limited” del diritto anglo-gallese (senza vincoli procedurali e burocratici). Inoltre, con l’introduzione di tale modello societario, verrà favorita la creazione di partenariati commerciali fondati su modelli coerenti nei mercati di tutti i paesi comunitari, le regole del gioco saranno a tutti note, non dovendo dipendere dalle singole legislazioni nazionali. Ed è questa una caratteristica che distinguerebbe la Società a statuto europeo dalla Società europea (già analizzata nelle pagine di questa rubrica nell’articolo del 1.11.2004), in quanto i punti di debolezza di quest’ultima sono dati proprio dalla dipendenza dalle legislazioni nazionali che determina nei fatti la “law shopping” tra le legislazioni dei 25 stati UE (presto 27), vanificando lo scopo di armonizzare la legislazione europea, dato che di fatto potrebbero costituirsi 25 strutture societarie diverse. Inoltre anche il capitale sociale minimo (120.000 euro) richiesto per la SE è un elemento dissuasivo per le PMI, la società a statuto europeo secondo i progetti potrebbe avere un capitale sociale minimo molto più contenuto (si pensa 25.000 euro). Il nuovo strumento legale dovrebbe diventare oggetto di un provvedimento legislativo comunitario ad hoc da emanarsi entro il 2008.