IL FISCO n. 5/2000
I profili di incostituzionalità – L’ esenzione ILOR per il Mezzogiorno va applicata anche agli stabilimenti non ancora ultimati alla data del 31.12.1993
di
Gaetano Chianura e
Gaetano Anaclerio
Avvocati in Bari
http://www.gaichianura.com/Redazione/il_fisco_01_00.pdf
PREMESSA
Alla data del 31 dicembre 1993 sono cessate le esenzioni fiscali per il Mezzogiorno a seguito della fine dell’intervento straordinario.
Nel disciplinare il regime transitorio si stabilì che continuavano ad applicarsi le agevolazioni ai fini IRPEG alle società costitute entro la predetta data del 31 dicembre 1993 nel Mezzogiorno d’Italia; ai fini ILOR invece il presupposto temporale per la concessione dell’esenzione fu identificato nella ultimazione dei lavori di costruzione dello stabilimento industriale tecnicamente organizzato, ma non alla sua attitudine all’uso, entro la data del 31 dicembre 1993, termine oltre il quale gli impianti non ancora ultimati non avrebbero più usufruito dei benefici fiscali.
Il presente lavoro vuole dimostrare il carattere discriminatorio del criterio dell’ultimazione dello stabilimento per la concessione dell’esenzione ILOR, laddove la legge vigente nel corso dell’investimento e della sua progettazione ne richiedeva il semplice “impianto”.
Per una migliore comprensione della questione tuttavia è opportuno preliminarmente esporre il
QUADRO NORMATIVO DELLE AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL MEZZOGIORNO
Con legge 1 marzo 1986 n. 64, art. 14[i], sono state prorogate le disposizioni del D.P.R. 218/78 che prevedevano l’esenzione dall’IRPEG per le imprese che si costituiscono in forma societaria per la realizzazione di nuove iniziative produttive nei territori meridionali(Art. 105 D.P.R. 218/78), ampliando fino al 100% la percentuale del reddito agevolato.
Con lo stesso articolo è stata prorogata la vigenza dell’esenzione ai fini ILOR, anche qui ampliandone la portata al 100% del reddito derivante dagli stabilimenti industriali tecnicamente organizzati che si impiantano nei territori meridionali(Art. 101 D.P.R. 218/78).
Per espressa disposizione dell’art. 17 della citata legge 64/86 [ii]le disposizioni del D.P.R. 218/78 riguardanti i territori meridionali, comprese quelle innanzi citate, dovevano considerarsi in vigore fino al 31 dicembre 1993.
Con l’art. 1 comma 1 del D.LGS 3 aprile 1993 n. 96 si stabilì che a far data dal 15 aprile 1993 doveva considerarsi cessato l’intervento straordinario nel Mezzogiorno, così come disciplinato dalla legge 64/86 che aveva prorogato il D.P.R. 218/78.
In esecuzione di tale normativa fu successivamente emanato il D.L. 8 febbraio 1995 n. 32 poi convertito nella legge 7 aprile 1995 n. 104 con il quale si dispose che l’esenzione ILOR …resta applicabile agli stabilimenti che siano divenuti atti all’uso anteriormente alla data del 15 aprile 1993 ancorché alla stessa data non siano intervenute le occorrenti autorizzazioni o licenze…ed inoltre che l’esenzione decennale IRPEG …resta applicabile alle imprese costituite in forma societaria anteriormente alla suddetta data(del 15 aprile 1993)…
Tale disposizione tuttavia fu considerata non applicabile alla materia tributaria con l’interpretazione autentica (secondo la rubrica dello stesso articolo)fornita dall’art. 18 comma 1 della D.L. 23 giugno 1995 n. 244 poi convertito nella legge 341 dello stesso anno[iii].
Alla data del 3 aprile 1993 le esenzioni fiscali dovevano dunque considerarsi ancora in vigore fino al 31 dicembre 1993 secondo l’originaria scadenza della legge 64/86.
Il comma 2 del già richiamato art. 18 della Legge 341/95, rubricato come legge interpretativa, stabilì conseguentemente il regime transitorio per la scadenza delle agevolazioni, all’uopo statuendo che la data in cui lo stabilimento doveva considerarsi atto all’uso(per l’ILOR) o in cui la società doveva essere stata costituita(per l’IRPEG) era fissata al 31 dicembre 1993.
MOTIVI DI ILLEGITTIMITÀ DEL CRITERIO DELL’ULTIMAZIONE DELLO STABILIMENTO
a) Il principio di irretroattività delle leggi; sue implicazioni sulla decorrenza della nuova disciplina
Come agevolmente rilevabile dalla disamina del quadro normativo sopra delineato, nel tempo, sono mutati i requisiti di legge per il riconoscimento dell’esenzione ILOR : infatti l’art. 14 della ricordata L.64/86 esigeva puramente e semplicemente l’impianto di stabilimenti industriali nei territori meridionali, la qual cosa – in difetto della specificazione di ulteriori requisiti (ed in applicazione del canone ermeneutico espresso dalla massima “ubi lex non dixit, noluit”) – poteva ragionevolmente intendersi come allocazione, sul territorio, del complesso di strutture fisiche funzionalmente collegate costituenti lo stabilimento, indipendentemente dalla già raggiunta attitudine all’uso, vale a dire all’esplicazione di un processo produttivo.
Ed in questo senso dunque una società che entro il 31.12.93 avesse impiantato nel Mezzogiorno d’Italia – nel senso sopra detto – uno stabilimento produttivo, legittimamente doveva poter fare affidamento sulla spettanza delle agevolazioni, anche considerando la circostanza che nella maggior parte dei casi la progettazione finanziaria e urbanistica spesso precede di alcuni anni la materiale realizzazione dell’investimento, nonché che in molti casi il godimento dei benefici fiscali costituisce l’unica motivazione per la localizzazione dell’iniziativa (in particolare per le società del Nord).
Di contro, con l’entrata in vigore del D.L. 32/95 (convertito nella L. 104/95), venivano modificati i presupposti per beneficiare dell’esenzione in parola ; infatti si precisava un requisito ulteriore, rispetto all’impianto dello stabilimento, ovvero che il medesimo fosse divenuto “atto all’uso” alla data del 15.04.93 (poi spostata al 31.12.93 dalla novella introdotta dall’art. 18, comma 2, del D.L. 244/95), quand’anche ancor privo delle autorizzazioni o licenze necessarie.
Con la conseguenza dunque che, nel caso prima analizzato, se l’impianto fosse stato ultimato ad esempio a giugno 1994, lo stesso non avrebbe potuto fruire dell’esenzione ai fini ILOR
Al riguardo giova rilevare che la disposizione in esame, in virtù del principio di irretroattività delle legge (art. 11 disp. prel. C.C.), non poteva che esplicare i suoi effetti per l’avvenire, a partire cioè dalla data di entrata in vigore del decreto-legge che la introduceva : essa doveva dunque interpretarsi nel senso che – a cominciare dal 1995 – avrebbero seguitato a fruire dell’esenzione ai fini ILOR solo le imprese i cui stabilimenti nei territori meridionali avessero raggiunto l’attitudine all’uso entro il 31.12.93, con salvezza delle situazioni pregresse, consolidatesi sotto l’impero della previgente disciplina.
A siffatta conclusione si perviene per via intuitiva, sol che si consideri la portata generale del principio sancito dal richiamato art. 11 delle preleggi, per modo che l’eventuale deroga ad esso, pur astrattamente possibile (ad opera di una fonte legislativa ordinaria), deve comunque risultare in modo univoco : in difetto, gli effetti della nuova legge si produrranno solo per il futuro.
- b) L’intangibilità dei diritti “quesiti”
Ma vi è di più : connesso all’irretroattività della norma in parola, è il diritto maturato da chi ha provveduto ad “impiantare” lo stabilimento entro la fatidica data del 31.12.1993, nel periodo cioè di vigenza della precedente disciplina, ed il legittimo affidamento che su di esso si fonda.
Infatti non può essere trascurato che il ricordato art. 18 ha innovato la fattispecie acquisitiva del diritto all’esenzione ILOR, vale a dire la tipologia di situazioni che dovevano ricorrere per maturare il diritto a tale esenzione, e che tanto ha fatto quando, spirato ormai il termine del 31.12.93, dette situazioni si erano già compiutamente esaurite sotto la previgente disciplina.
Sicché, ben si può dire che la precitata disposizione incida su un “diritto quesito” della società che ha realizzato l’investimento, essendo tale diritto – secondo la migliore definizione – “conseguenza di un fatto idoneo a produrlo, in virtù della legge del tempo in cui il fatto venne compiuto” e che, a termini della detta legge, “è entrato a far parte del patrimonio di chi lo ha acquistato” (GABBA, Teoria della retroattività delle leggi, 3° ediz., Torino, 1891, 191).
E’ opinione diffusamente accettata che i diritti quesiti siano intangibili finanche da una legge retroattiva (per tutti, TORRENTE, Manuale di diritto privato, 13° ediz., Milano, 1990, 34), costituendo per così dire il criterio per stabilire l’estensione massima del retroagire. D’altra parte, il generale divieto di retroattività non esclude “l’applicabilità di una nuova legge alle situazioni esistenti o sopravvenute in un momento posteriore all’entrata in vigore della nuova legge, pur se determinate da un fatto anteriore”, a condizione che esse siano considerate “a prescindere dal fatto che le ha poste in essere” e che “attraverso tale applicazione non resti modificata la disciplina giuridica del fatto generatore” (Corte Cost. 25.07.78 n° 3709).
Tanto significa che, se pure è possibile una nuova regolamentazione degli effetti (perduranti nel tempo) scaturiti da un situazione storica già esaurita, alla nuova legge è invece inibito di modificare la disciplina giuridica di quella medesima situazione : esattamente quanto ha fatto il nostro legislatore, incurante di tale elementare principio, con il D.L. 32/95 (e poi con il D.L. 244/95), allorché ha introdotto il nuovo requisito che gli stabilimenti dovevano possedere alla data del 31.12.93 (già trascorsa da un anno e mezzo !), quello della raggiunta attitudine all’uso.
Ne consegue che l’art. 18, comma 2, del D.L. 244/95 deve essere disapplicato nei casi sopra individuati di investimenti programmati e iniziati ben prima del 31.12.1993 perché lede – con tutta evidenza – un diritto quesito del soggetto che ha realizzato l’investimento.
- c) Il Diritto all’uguaglianza
Ove ciò ancora non bastasse, si dovrà infine rimarcare l’illegittimità costituzionale del richiamato articolo 18 della legge 341/95, per contrasto con il principio di ragionevolezza delle leggi sancito dall’art. 3 Cost. : in effetti detto principio, collocandosi al di fuori dei casi di vera discriminazione, non viene espressamente enunciato dall’art. 3 e costituisce piuttosto un allargamento del suo tradizionale ambito di applicazione, allargamento elaborato dalla giurisprudenza del Giudice delle Leggi sulla scia di analoga esperienza anglosassone.
In effetti, ed in un certo senso, l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge implica per il legislatore il vincolo a trattare in maniera uniforme fattispecie omogenee ; ma il criterio di ragionevolezza non si arresta a questo dato minimale, esigendo che, una volta individuati i fini da perseguire, il legislatore appresti mezzi adeguati al loro raggiungimento. Al riguardo è stato autorevolmente sostenuto (BARBERA, CORSO) che il principio di ragionevolezza, così inteso, ponga “un limite al potere discrezionale del legislatore” e venga violato tutte le volte in cui si riscontri una contraddizione all’interno della legge, oppure tra essa ed il pubblico interesse perseguito.
Così, tutte le volte che la Consulta si è trovata a dover valutare la possibile lesione del principio di ragionevolezza, ha verificato :
- la sussistenza di analogia (ovvero omogeneità) tra le fattispecie considerate sotto il profilo della ratio legis (come per es. nelle sentenze n° 68/1983, 305/1986, 629/1987 e numerose altre) ;
- se fosse logicamente identificabile un motivo di distinzione tra le fattispecie (sentenze n° 133/1972, 46/1973) ;
- se detto motivo fosse ancora riscontrabile nei dati della realtà sociale o se invece fossero venuti meno i presupposti socioeconomici della valutazione legislativa (sentenze n° 42/1991, 49/1992, 89/1992, 119/1992, etc…) ;
- e, infine, se sussistesse un corretto nesso di implicazione logica tra motivo ravvisabile e distinzione introdotta, vale a dire fra ratio legis e contenuto della legge (sentenze 152/1970, 10/1973, 117/1979, 308/1983, 103/1985, etc…).In particolare, sotto il profilo da ultimo considerato, la Corte Costituzionale ha sempre censurato le normative “sovradimensionate” rispetto alle loro “ragioni” : simile considerazione può farsi anche con riguardo all’art. 18, comma 2, del D.L. 244/95 (come convertito nella L. 341/95), la cui apparente finalità era quella di attribuire l’esenzione in esso prevista alle iniziative effettivamente produttive, evitando dunque di accordare benefici di alcun tipo ad impianti esistenti soltanto sulla carta ; infatti se la previgente disciplina (art. 101 del DPR 218/78, come modificato dall’art. 14 della L. 64/86) mostrava già di voler conseguire tale obiettivo esigendo l’impianto degli stabilimenti, ovvero l’allocazione sul territorio delle strutture fisiche costituenti i medesimi, il richiamato decreto-legge ha introdotto una disciplina maggiormente restrittiva, alla cui stregua gli stabilimenti debbono altresì essere “atti all’uso”, senza tuttavia che detta disciplina appronti mezzi più efficaci per il raggiungimento dello scopo innanzi descritto.Ed invero uno stabilimento “atto all’uso” non è ancora uno stabilimento funzionante, tanto più che l’art. 18 non esige l’avvenuto rilascio delle autorizzazioni o licenze occorrenti, in difetto delle quali nessuna attività produttiva può essere iniziata : non vi è dunque alcuna garanzia che uno stabilimento atto all’uso possa più sicuramente andare a regime, rispetto ad uno semplicemente “impiantato”, ben potendo essere denegate dalla Pubblica Autorità – nell’una come nell’altra ipotesi – le predette autorizzazioni o licenze.
Sicché l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 risiede appunto nel difetto del rapporto di congruità tra la disciplina approntata e l’interesse pubblico perseguito, così da determinare – all’esito della sua applicazione – un’ingiustificata discriminazione tra situazioni sostanzialmente identiche (stabilimenti divenuti atti all’uso nell’intervallo di pochi mesi l’uno all’altro), differenziate solo per il trovarsi rispettivamente al di qua e al di là di un limite temporale – il 31.12.93 – privo di qualunque significato, rispetto alla ratio adottata.
[i][i] Legge 1 marzo 1986 n. 64, art. 14
[ii] Legge 1 marzo 1986 n. 64, art. 17
[iii] D.L. 23 giugno 1995 n. 244 convertito con legge 341/95, art. 18 commi 1e 2