Mancano poche ore alla pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia Europea sul caso Superleague e tutti attendono l’annunciato Big Bang del calcio, che in realtà non si verificherà domani perché la questione – data la dinamica generale della controversia – è tutta nelle mani del giudice spagnolo che dovrà interpretare e declinare le controverse clausole statutarie sulla base dei principi generali che la Corte cristallizzerà in sentenza.
Di nessun ausilio nella prognosi di questo giudizio è stato il parere “militante” dell’Avvocato Rantos, arroccato nella difesa del modello europeo e verticistico dello sport (uno sport, una federazione), lasciando libere le società calcistiche di organizzare eventi sportivi paralleli ma senza poter tenere i piedi in due scarpe.
Qualche orientamento invece può fornirlo il quadro della giurisprudenza comunitaria che ha ormai consolidato il principio che la c.d. eccezione sportiva fondata sull’art. 165 TFUE non rappresenti un’esenzione in bianco contro l’applicazione del diritto dell’Unione Europea.
Non esiste dunque una categoria di ‘regole puramente sportive’ che sarebbe esclusa direttamente dall’ambito di applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione.
Le regole di governance delle associazioni monopolistiche (enti economici) devono infatti essere soggette ad un test di trasparenza, obiettività, non discriminazione e proporzionalità, ovvero ad una valutazione contrapposta dei divieti e delle sanzioni che impongono rispetto agli scopi generali che intendono tutelare e in caso di mancata compliance cadranno sotto la scure degli art. 101 e 102 del TFUE.
L’analisi comparata dei casi pilota Walrave, Donà. Bosman, Meca-Medina, Piau, e MOTOE, per finire con International Skating Union (ISU) sembrerebbe così convergere per una valutazione di abuso di posizione dominante perpetrato da parte di Fifa e Uefa, per delle pratiche che avrebbero tutta l’area di caratterizzarsi anche come restrittive della concorrenza per oggetto, senza ulteriori accertamenti sugli effetti nel mercato di riferimento.
Il calcio però è un sistema in cui ll rapporto tra i partecipanti è sostanzialmente una joint venture cooperativa (Ibáñez Colomo); i rivali hanno bisogno l’uno dell’altro per determinare il successo del torneo e si deve quindi trovare un delicato equilibrio tra cooperazione e concorrenza. Le norme di governance collettiva potrebbero così giustificare il sacrificio di alcuni interessi individuali a vantaggio di quelli collettivi dell’organizzazione.
In queste poche righe, con qualche semplificazione, si è tentato di immaginare il contesto in cui i 15 giudici della Corte di Giustizia dovranno dirimere interessi rilevantissimi ma che hanno forte impatto anche sulle dinamiche sociali collettive e geopolitiche.
A breve potremo conoscere gli esiti della controversia, col sospetto però che la montagna partorirà un topolino…
LA CORTE DI GIUSTIZIA UE E LA SUPERLEGA- LA PROBABILE SENTENZA
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