La libertà di scelta della legge tra considerazioni di opportunità e di vantaggi per le parti (96)Nel precedente articolo avevamo sottolineato l’esigenza – peraltro sollecitata dai lettori – di affrontare un argomento già oggetto dei nostri approfondimenti, ma la cui importanza troppo spesso è sottovalutata dagli imprenditori italiani.Proseguendo nella disamina delle tecniche di redazione dei contratti internazionali, dobbiamo infatti sottolineare che spesso gli imprenditori, adottando schemi e logiche tipiche dei contratti nazionali, omettono di considerare le tipicità del contratto internazionale, che si posiziona per definizione “a cavallo” tra due o più ordinamenti giuridici.In questo senso l’errore più diffuso è quello di ritenere che la redazione del contratto in lingua italiana e la scelta di un giudice italiano competente a decidere un’eventuale controversia, mettano al riparo da ogni sorpresa.
LA SCELTA DELLA LEGGE APPLICABILE – L’esperienza insegna che è sicuramente più opportuno scegliere la legge da cui si vuole che il contratto venga regolato (anche perché tale scelta è rimessa dalla legge all’autonomia delle parti) .In mancanza di espressa statuizione infatti, questa sarà individuata dai giudici investiti dell’eventuale controversia, secondo criteri (stabiliti dalla Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, a cui rimanda l’art. 57 della legge n. 218/95 – Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) che potrebbero portare all’applicazione di una legge straniera non preventivata.E questo anche nel caso in cui, con l’usuale clausola di stile, l’imprenditore italiano avesse chiesto, con l’elezione di Foro, di farsi giudicare dal giudice del suo Paese.Infatti si crede erroneamente che la scelta della giurisdizione italiana comporti per il giudice italiano chiamato a dirimere una controversia insorta tra le parti l’automatica applicazione della legge italiana. In realtà il giudice italiano dovrà seguire le indicazioni date dalla Convenzione di Roma, che potrebbero condurre come detto all’applicazione di una legge straniera, con tutte le difficoltà e i rischi connessi alla valutazione giuridica di un caso sulla base di un ordinamento non familiare o addirittura sconosciuto.
LEGGE ITALIANA O LEGGE STRANIERA? – Altro errore in cui comunemente si incorre è di considerare l’applicazione della legge italiana come la soluzione più adeguata, quale che sia l’oggetto del contratto. E’ sicuramente vero che l’accorgimento di far regolare il contratto dalla legge italiana è di solito una buona soluzione, ma tale strategia trova alcune limitazioni, motivo per cui è necessario procedere ad una serie di verifiche prima di operare la scelta. Innanzitutto è necessario verificare se sia possibile applicare il diritto italiano al contratto in questione; ad esempio risulterà inutile sottoporre alla legge italiana un contratto con un concessionario di vendita belga, in quanto il Belgio ha previsto una normativa altamente protettiva per il concessionario, che non può essere derogata, qualsivoglia sia la legge scelta dalle parti.E’ bene, infatti, sapere che ogni Paese ha, nel proprio ordinamento, talune disposizioni che devono assolutamente trovare applicazione (le c.d. norme di applicazione necessaria e le c.d. norme imperative o di ordine pubblico). In secondo luogo può risultare che non sia conveniente l’applicazione della legge italiana: in certi casi l’adozione di una legge straniera può infatti essere vantaggiosa per l’impresa italiana ( analizzando il rapporto di agenzia, ad esempio, si scopre che in molti Paesi extra UE l’agente non gode di tutti i privilegi che gli riconosce la normativa italiana).
LEX MERCATORIA – PRINCIPI UNIDROIT – CONVENZIONI INTERNAZIONALI – Qualora le parti non riescano a raggiungere un accordo sulla legge da applicare al contratto, potrebbero scegliere la legge di un Paese terzo o affidarsi alla c.d. lex mercatoria (abbinando a questa scelta anche una clausola arbitrale). E’ opportuno sottolineare come la prima opzione imponga una preliminare verifica del contenuto della legge c.d. neutrale al fine di stabilire se essa assicuri un giusto equilibrio nei rapporti tra le partiNella seconda ipotesi, invece, le parti affidano la regolamentazione del contratto ad un complesso di principi generali derivanti dalla diffusione, nella prassi commerciale internazionale, di pratiche contrattuali sempre più uniformi (la lex mercatoria, appunto). Quest’ultima scelta, se da un lato consente di superare l’impasse determinato dal disaccordo delle parti circa la scelta della legge applicabile, dall’altro comporta la sottoposizione del contratto ad un insieme di principi generali dai contenuti alquanto indefiniti, che spaziano dagli usi in vigore nel commercio internazionale ai principi desumibili dalle numerose pronunce arbitrali. Proprio al fine di mitigare l’inconveniente causato proprio dai confini incerti della lex mercatoria, alcuni tra i più autorevoli rappresentanti dei sistemi giuridici e economici a livello mondiale hanno condensato in un testo scritto, i c.d. Principi Unidroit, una serie di regole uniformi concernenti la disciplina generale dei contratti internazionali. Tali principi, attraverso la previsione di norme comuni alla gran parte degli ordinamenti giuridici esistenti, hanno fornito soluzioni in grado di rispondere meglio di qualsiasi altro ordinamento nazionale alle esigenze proprie del commercio internazionale. L’applicabilità di tali principi è subordinata ad un loro espresso richiamo all’interno del contratto che le parti andranno a predisporre.Infine, occorre segnalare come il contratto possa essere regolato da norme di diritto uniforme, ossia da convenzioni internazionali che, in determinati ambiti, permettono di superare agevolmente la frammentazione delle legislazioni nazionali. Un tipico esempio è fornito dalla Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili. La disciplina del contratto ivi contenuta sarà applicabile ogniqualvolta le parti, in sede di scelta di legge applicabile, ne abbiano fatto espresso richiamo o, secondo l’orientamento prevalente, laddove le parti abbiano optato per la legge di un Paese firmatario della suddetta Convenzione (tra cui l’Italia).