Bilancio di un decennio di politica euro-mediterranea- Focus Libya

Mare nostrum, la centralità ritrovata

Pubblicato su Bari Economica n. 3/2007. Per leggere direttamente su Bari Economica vai a pag. 52 su :

http://www.ba.camcom.it/articoli/allegato/2015/10/be3_2007.pdf

Dopo aver assistito al boom delle relazioni economiche tra i Paesi dell’Unione Europea e quelli dell’Area balcanica, sostenute anche da numerosi interventi finanziari comunitari finalizzati peraltro all’ingresso nella UE di alcuni Paesi dell’area (Romania e Bulgaria), le istituzioni comunitarie hanno intrapreso la via della integrazione economica e culturale con l’area del Mediterraneo, area dopo secoli riscoperta strategica per l’economia europea, avviando il processo di partenariato euro-mediterraneo inauguratosi a Barcellona nel 1995. I piani di intervento individuati sono tre: la creazione di uno spazio comune di stabilità e pace; l’instaurazione di un’area di libero scambio attraverso un partenariato economico e finanziario; l’avvio di un processo di riavvicinamento tra le diverse culture per favorire l’integrazione tra le popolazioni. E’ del tutto evidente che per realizzare nel 2010 l’obiettivo della creazione di una zona di libero scambio, appare imprescindibile una trasformazione strutturale dei Paesi del Mediterraneo, sia attraverso processi interni di riforma economica sia attraverso l’eliminazione delle protezioni doganali tra i Paesi partner. In tal modo si costituirebbe una delle free trade areas più importanti del mondo con circa 600-800 milioni di consumatori, in cui verrebbe certamente valorizzato il ruolo dell’Italia, tramite verso tutto il bacino del Mediterraneo.  A tal proposito merita di essere da subito evidenziata l’importanza dei trasporti marittimi, specie dello short sea shipping, considerati essenziali per agevolare il funzionamento del partenariato euromediterraneo. Il traffico marittimo rappresenta oggi una parte importante nell’economia dei Paesi dell’area MEDA,  la maggior parte del commercio estero di questi Paesi avviene infatti per via marittima ed, in termini di volume, il trasporto marittimo è dominante nello scambio di merci tra l’area MEDA e l’Unione Europea – oltre il 70 % sul totale degli scambi.
La sfida del rinnovamento delle infrastrutture portuali, anche attraverso l’adesione da parte degli operatori a programmi comunitari appositi (quali ad esempio il Progetto marco Polo) dovrebbe essere quindi colta dalle nostre autorità preposte, per sfruttare al massimo quello che è già il vantaggio competitivo enorme offerto dalla posizione geografica dell’Italia ed in particolar modo della Puglia.

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Il Programma Enpi

Con lo scopo di facilitare il raggiungimento degli obiettivi fissati dal processo di Barcellona, l’Unione Europea ha istituito importanti programmi comunitari quali il programma Meda (I e II) e dal 2007 il programma ENPI (istituito con regolamento CE n. 1638/2006, a mezzo del quale sono stati individuati i Paesi destinatari di misure di intervento e la tipologia di progetti oggetto di assistenza  ed ora con il recentissimo regolamento CE n. 951/2007 del 9 agosto 2007 la Commissione ha individuato le misure di esecuzione dei programmi di cooperazione transfrontaliera finanziati). Per quanto attiene i Paesi beneficiari del Programma essi sono, da una parte, quelli facenti parte del programma comunitario TACIS (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Federazione Russa, Georgia, Moldova e Ucraina) e, dall’altra, quelli del programma comunitario MEDA (Algeria, Autorità Palestinese della Cisgiordania di Gaza, Egitto, Israele, Libano, Libia, Marocco, Siria e Tunisia). I finanziamenti previsti per l’assistenza ENPI che ammontano a 11.181.000.000 di euro per il periodo 2007-2013 saranno utilizzati per raggiungere l’obiettivo dell’integrazione culturale ed economica tra i Paesi europei e i Paesi oggetto del programma e quindi saranno sostenuti i progetti per promuovere il dialogo politico e le riforme in campo politico; per promuovere il ravvicinamento delle legislazioni verso standard più elevati in tutti i settori; per il consolidamento delle istituzioni e degli organismi nazionali preposti all’elaborazione e all’attuazione effettiva delle politiche nei settori coperti dagli accordi di associazione e di partenariato ed altri; per promuovere lo Stato di diritto, per rafforzare l’efficienza della Pubblica Amministrazione, per promuovere lo sviluppo regionale e locale, per la promozione e la tutela dei diritti dell’uomo e delle minoranze, per promuovere la parità di genere e favorire lo sviluppo della società civile, per incentivare lo sviluppo dell’economia di mercato attraverso misure finalizzate a sostenere il settore privato, per promuovere lo sviluppo sostenibile e la riduzione della povertà, per sostenere la cooperazione amministrativa al fine di combattere la frode e l’evasione fiscale; per la gestione efficace delle frontiere, per la promozione della cooperazione nei settori dell’energia, delle telecomunicazioni e dei trasporti. L’assistenza comunitaria prevista dal regolamento avrà la forma di un partenariato da stabilirsi tra la Commissione e i beneficiari, che coinvolgerà, come opportuno, autorità nazionali, regionali e locali, partner economici e sociali, la società civile nonché altri organismi competenti.

La politica euromediterranea

Molte aspettative sono riposte verso questa nuova programmazione comunitaria, visto che l’atteso incremento degli scambi tra i Paesi dell’UE e quello dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, dopo oltre dieci anni da Barcellona, non si è ancora verificato. Semmai persiste – secondo un rapporto ICE del 2006 – l’asimmetria negli scambi tra le due aree, visto che l’UE soddisfa oltre il 45% della domanda di importazioni dei Paesi del Mediterraneo e assorbe il 50 % delle sue esportazioni – in sostanza rappresentando così l’Ue l’area prioritaria di scambio – mentre per i Paesi europei l’area riveste un’importanza sempre minore sia come mercato di sbocco che di approvvigionamento, superando il totale delle esportazioni e importazione UE/Meda appena il 3 per cento del totale degli scambi UE. Allo stesso modo deludenti risultano i dati dell’internazionalizzazione produttiva riguardanti la sponda Sud del Mediterraneo, posto che i flussi di IDE in entrata rispetto al totale degli stock di IDE in genere verso i Paesi in via di sviluppo sono diminuiti dall’11,2 per cento del 1990 al 7,4 per cento attuale (UNCTAD, World Investment Report). E’ evidente che il massimo sforzo deve essere rivolto dai governanti verso gli obiettivi del progetto ENPI, in quanto il fallimento di una politica euromediterranea consoliderebbe definitivamente l’assetto di un’Europa sviluppata sempre più a nord ed in senso orizzontale, condannando l’Italia e soprattutto il Mezzogiorno all’esclusione dalle principali direttrici dei traffici commerciali europei.

Lo sguardo alla modernità della grande “Jamahiriya”

L’Italia gode in alcuni Paesi della sponda Sud del Mediterraneo di una posizione privilegiata e ormai consolidata; nell’area Meda infatti dopo Francia e Germania è infatti il terzo Paese fornitore. I mercati più importanti sono la Tunisia (dove l’Italia è il secondo fornitore dopo la Francia) e soprattutto la Libia (nel quale l’Italia è il primo Paese fornitore con una quota del 22 per cento delle importazioni totali. La “Jamahiriya”, ovvero la “Repubblica Araba Popolare Socialista di Libia” fondata dal colonnello Gheddafi dopo la destituzione nel settembre 1969 del Re Idris I, sta celebrando proprio in questi giorni il 38° anniversario della sua costituzione, con le città piene di enormi cartelloni con l’effigie del Rais, strade e palazzi pieni di luci e migliaia di bandiere verdi.
Proprio nel cosiddetto “libro verde” Gheddafi tracciò le linee portanti del suo sistema politico, una sintesi tra socialismo ed islamismo; a distanza di quasi 40 anni di isolamento, il Paese ora sembra voglia darsi una nuova e più convincente credibilità sul piano internazionale.

Fine dell’embargo Onu

Con la recentissima abolizione dell’embargo da parte delle Nazioni Unite avvenuta nell’agosto 2003, la Libia ha vivace-mente ripreso il percorso di sviluppo sullo scenario internazionale. Il Paese è caratterizzato da un sistema economico di tipo socialista in cui l’iniziativa privata è limitata e la presenza dello Stato nell’economia è di conseguenza pregnante. Ma, nonostante questo, la Libia si sta dimostrando Paese dinamico sotto il profilo dell’attrazione degli investimenti e può rappresentare una opportunità per i Paesi europei e soprattutto italiani. La Libia infatti è un Paese che vanta una posizione geografica strategica, affacciandosi sul mediterraneo con una fascia costiera di oltre 1800 km, con una popolazione di circa 5,6 milioni di abitanti, in media molto giovane con un livello di scolarizzazione alto. Ed in più la sua totale dipendenza dalle importazioni, in assenza di produzioni diverse da gas e petrolio, dopo la ritrovata presenza internazionale, stimolerà un intenso programma di industrializzazione e si creeranno così rilevanti opportunità di business per le imprese italiane.

Interscambio Italia-Libia

Nel 2006, la Libia è diventata il nostro settimo fornitore mondiale, mentre si è piazzata al 35esimo posto tra i nostri clienti. L’eccezionale ascesa tra i fornitori è ovviamente dovuta al fatturato di petrolio e gas: con l’avvio delle spedizioni di gas naturale direttamente in Sicilia attraverso il gasdotto di Mellitah, la Libia stacca di netto l’Algeria (12esimo fornitore) e si avvicina molto alla Russia (quinto fornitore).

Settori di sviluppo

Da sempre l’economia di questo Paese è stata caratterizzata da una forte dipendenza dal settore degli idrocarburi (petrolio, gas, etc.) che rappresenta il 95% delle esportazioni. Il settore industriale è pertanto incentrato sulla produzione siderurgica e sul petrolchimico. Anche il settore delle costruzioni (edilizia e materiali per edilizia, arredi e ceramiche) è in forte crescita, dato il programmato sviluppo dell’edilizia popolare che ha accresciuto e farà accrescere il fabbisogno di materiali e competenze tecnico-specialistiche provenienti dall’estero. Anche il turismo è compreso nel progetto di rilancio del Paese, e sono previsti interventi sia nell’area limitrofa a Tripoli sia nella zona di Leptis Magna e Sabrata, ove le aziende italiane (Valtur, Dar Sahara, ed altre) hanno chiesto concessioni per lo sviluppo turistico. Nel 2006 si sono fatte avanti società straniere (svizzere, maltesi, tunisine e belghe) per progetti turistici particolarmente interessanti che prevedono la creazione di zone turistiche di alto livello, con hotel a 5 stelle, campi da golf, porti turistici per barche da diporto, etc.. Si sottolinea che con la legge n. 7 del 2004, che , disciplina il settore turistico, è consentito alle aziende straniere che investano in Libia in attività turistiche di divenire proprietarie delle strutture ricettive e di ristorazione, oltre che delle aree in cui esse sorgono. In questo settore particolarmente importante è il progetto lanciato dal figlio di Gheddafi che vuole creare un polo ultramoderno di oltre 200 km quadrati (dal confine tunisino a oltre Tripoli) per insediamenti turistici, industriali, di servizi ultramoderni dotati di un regime particolarmente attrattivo che elimini ogni ostacolo allo loro sviluppo. Il progetto viene anche definito “Un solo Paese due regimi” (giuridici si intende).

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