Nell’agenda di Governo il tema della internazionalizzazione delle PMI è diventato quanto mai scottante a causa della difficile congiuntura economica che le nostre imprese si trovano ad affrontare e anche per la mancanza di adeguati strumenti legislativi idonei a fronteggiare la perdita di competitività di tutto il nostro tessuto imprenditoriale ( questa volta, infatti, il Nord non fa eccezione). Il grido d’allarme viene dalla stessa Confindustria che chiede a gran voce al Governo di creare i presupposti per rilanciare e valorizzare il Made in Italy nel mondo, incentivando le imprese agli investimenti in ricerca ed innovazione, magari detassandone i costi. E’ stato approvato dal Consiglio dei Ministri il tanto atteso “pacchetto” sulla competitività (un decreto-legge ed un disegno di legge) che fornisce alle imprese strumenti nuovi per affrontare il mondo dall’economia globalizzata; è, altresì, in via di definizione la legge che prevede le “misure per la internazionalizzazione” (di cui abbiamo ampiamente parlato in questa rubrica) che dovrebbe consentire ai soggetti pubblici che prestano assistenza alle imprese, di fare sistema e fornire un valido supporto alle PMI in cerca di soluzioni alternative alla chiusura o al drastico ridimensionamento. Nell’immediato sono stati previste dal Governo due misure di credito per finanziare i costi relativi agli studi di fattibilità all’estero.
LA PROGRAMAMZIONE DEGLI INVESTIMENTI E IL “FARE SISTEMA” – Abbiamo più volte ripetuto quanto sia fondamentale, a monte, programmare adeguatamente un progetto di investimento all’estero al fine di non incorrere in spiacevoli inconvenienti: si pensi al non infrequente caso dell’investimento sovradimensionato rispetto alle esigenze del breve-medio termine dell’impresa, che si ripercuote pesantemente sulla sua normale attività in patria, o, all’inverso, al piano d’investimento troppo modesto che crea aspettative, ma non risolve, né in realtà affronta, la situazione di difficoltà. Pertanto appare fondamentale, allorquando una impresa (preferibile sarebbe dire più imprese) si accinge ad effettuare un investimento all’estero (sia esso commerciale che produttivo), programmare l’attività che si intende realizzare attraverso proprio un piano di fattibilità commissionato ad hoc, che sia in grado di adeguare la portata dell’investimento alle vere esigenze delle realtà produttive. Altro fattore fondamentale per il successo di uno “sbarco all’estero” – elemento anche questo preso in considerazione dalle misure di intervento che andremo ad analizzare tra breve – è quello del c.d. “fare sistema”, ossia programmare gli investimenti e con imprese dello stesso comparto o della filiera e con enti pubblici o di categoria preposti al sostengo delle imprese in queste attività, al fine di individuare una soluzione che possa interessare interi distretti industriali (ad esempio, il settore del mobile di Pesaro ha “replicato” se stesso in Messico nella regione del Nuovo Leon, anche grazie all’intervento di soggetti pubblici)
LE NUOVE MISURE DI INTERVENTO – Il Ministero delle attività produttive ha introdotto due nuove modalità di intervento volte a favorire l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, finanziando studi di fattibilità indirizzati ad investimenti congiunti sui mercati esteri. Le due misure, A e B, hanno come richiedenti soggetti diversi, ma entrambe mirano a far strutturare proposte di investimento che coinvolgano quanti più soggetti provati e/o pubblici possibile e che riguardino Paesi non appartenenti all’Unione Europea. In particolare: – la misura A punta a favorire la realizzazione di progetti di internazionalizzazione congiunti da parte di PMI, come raggruppamenti di imprese o filiere o distretti. Per assicurare una presenza stabile sui mercati esteri, gli studi di fattibilità devono essere direttamente finalizzati ad insediamenti produttivi permanenti collettivi di natura promozionale, commerciale o produttiva (show-room, centri di servizi centri di assistenza, impianti produttivi). I soggetti che possono fare richiesta del finanziamento sono le PMI organizzate in raggruppamenti di imprese (non meno di 5), anche costituiti ad hoc, filiere o distretti, consorzi, Associazioni settoriali di categoria, nazionali o territoriali. Il finanziamento previsto dalla presente misura ammonta complessivamente a 2 milioni di euro, la percentuale dei costi dello studio di fattibilità assunta a carico pubblico è del 75%, fino all’importo massimo di 150.000 euro. L’intervento pubblico a sostegno dei singoli progetti sarà articolato in tre fasi: 1. finanziamento (nelle percentuali esaminate sopra), 2. accompagnamento (assistenza dell’ICE in loco e contatti con le autorità del Paese interessato, anche attraverso specifiche missioni di diplomazia commerciale) 3. monitoraggio (lo sviluppo dello studio sarà seguito dal Ministero e dall’ICE per assicurarne l’efficacia rispetto all’investimento previsto).– La misura b mira a stimolare la collaborazione all’estero tra Università, Parchi tecno-scientifici e imprese; gli studi di fattibilità finanziabili, frutto di progetti congiunti, dovranno essere finalizzati a successivi investimenti riguardanti: implementazione di brevetti, la ingegnerizzazione di prodotti, l’innovazione di processi, creazione di joint-venture e di nuove imprese. Tale sostegno ha come obiettivo quello di favorire l’inserimento sui mercati esteri delle PMI, specie nei settori innovativi, incentivando la funzione di traino delle Università e dei Parchi tecno–scientifici italiani, quali strumenti efficaci per l’acquisizione e la cessione di tecnologia. Lo stanziamento complessivo, per questa misura, ammonta ad 1 milione di euro, la partecipazione del pubblico ai costi degli studi di fattibilità è prevista nella stessa percentuale della misura a, ovvero per il 75% fino ad un importo massimo di 150.000 euro. Le proposte devono essere presentate entro il 15 aprile.