Si pensi che tra 15 aziende di fama mondiale che hanno più di 500 anni di vita, ben 8 sono italiane e nel nostro Paese l´83% delle piccole e medie aziende è controllato da una famiglia (dati AIDAF – Associazione italiana delle imprese familiari).Dalle statistiche tuttavia sembra che solo il 20% delle imprese riesce a passare dalla prima alla seconda generazione e solamente il 10% alla terza. Ciò significa che sono almeno due milioni i posti di lavoro a rischio per effetto del fenomeno passaggio generazionale.
Da qui la necessità, di programmare non solo il passaggio generazionale ma anche la funzionalità futura delle aziende, organizzandone l’assetto proprietario con la presenza delle persone della famiglia più qualificate e competenti.Al tempo stesso, nell’ottica della famiglia, l’obiettivo è quello di garantire anche per il futuro l’unità familiare e consentire ai suoi membri sviluppo personale, professionale ed economico.
Ne parliamo con l’Avvocato Patrizia Dibari, neo eletta Consigliere Nazionale dell’Associazione “Il Trust in Italia”, relatore di convegni ed autore di saggi ed approfondimenti sul Trust, coordinatore scientifico del seminario di studio ” Il trust nel passaggio generazionale dell’impresa” che si terrà a Bari il prossimo 16 maggio 2008 presso la Facoltà di Economia e Commercio di Bari, organizzato in collaborazione con l’Associazione Il Trust in Italia, l’Unione Giovani Dottori Commercialisti di Bari e Trani e Confindustria Bari Giovani Imprenditori.
L’Avv. Dibari sottolinea che:” i bisogni dell’impresa familiare italiana consistono nel mantenere l’unità ed integrità della famiglia e dell’impresa; tramandare la ricchezza materiale ed immateriale attraverso le generazioni; mantenere la destinazione economica di determinati beni ed in particolare l’impresa; assicurare la crescita ed il successo dell’impresa familiare.
Esistono strumenti giuridici codificati quali fondazione di famiglia, patti parasociali, mandato, holding, donazione, patti di impresa, usufrutto e nuda proprietà, “patti di famiglia” definiti in Italia dalla L. 14/2/06 n° 55, che ha introdotto l’ art. 768-bis del codice civile, con il quale si è inteso favorire il passaggio generazionale dei beni aziendali e la continuità dell’impresa conciliando queste esigenze con il diritto successorio. Tuttavia il tema del passaggio generazionale deve essere studiato e modellato su ogni singola situazione familiare.
Tra gli strumenti che meglio soddisfano tali esigenze c’è il Trust, regolato dalla Legge 364/89, che recepisce i contenuti della Convenzione dell’Aja, 1° luglio 1985, in base al quale una persona, con atto tra vivi o mortis causa, conferisce in trust dei beni, sotto il controllo di un trustee, nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico.
Tramite il conferimento dei beni aziendali in trust da parte dell’imprenditore sarà possibile, da un lato, prevenire conflitti e motivi di dissenso; dall’altro, far sì che tali beni siano destinati ad una gestione unitaria e suddivisi in modo puntuale al termine del trust tra i beneficiari indicati nell’atto di trust.
L’imprenditore, a questo punto, può essere certo che tutto si svolgerà come previsto, sicuro che, anche quando lui non ci sarà più, gli eredi continueranno a rispettare la sua volontà. Il trust permette di recepire tutte quelle volontà rappresentative di comportamenti e percorsi di carriera dei familiari che non possono essere inserite nello statuto di società”.
In ogni caso, per elaborare e costruire un trust adatto a tali esigenze bisogna ricorrere a professionisti esperti della materia, anche perché molteplici sono gli aspetti da considerare, da quello societario a quello fiscale, da quello successorio a quello fiduciario.